Molto spesso nella mia professione sento i proprietari lamentarsi del fatto che il proprio cane secondo loro farebbe i dispetti (in riferimento soprattutto ad eventuali distruzioni, rilascio di deiezioni o vocalizzi ininterrotti perpetrati in loro assenza) e questa asserzione sarebbe avvalorata dal fatto che al loro rientro l'animale col tempo reagisce (imparando ad anticipare le punizioni che il proprietario stesso si sente in dovere di somministrargli), nascondendosi e assumendo ai suoi occhi un atteggiamento colpevole.
In realtà ciò è dovuto al fatto che il cane impara ad associare il suo arrivo, in presenza dei danni, ad una punizione: situazione davvero penosa dunque, perché il proprietario tanto amato e desiderato si manifesta sotto forma di in una figura ambivalente di benefattore/carnefice, aumentando ulteriormente il carico di ansia.
Ebbene sarebbe finalmente il caso di capire che gli animali non hanno i nostri stessi processi mentali, ma soprattutto che l'area cerebrale deputata all'ideazione del dispetto è atrofizzata nei nostri beniamini e pertanto non sono assolutamente in grado di concepire né tanto meno di mettere in atto quella sorta di vendetta che noi siamo portati ad immaginare, per punirci di chissà che cosa.
In parole povere è vero quello che si sente spesso dire che la cattiveria non esiste negli animali. Io parlerei più che altro di una sorta di proiezione da parte nostra in conseguenza dei sensi di colpa che proviamo quando lasciamo troppo tempo da solo il nostro cane, oltre ovviamente ad un ingenuo antropocentrismo che ci spinge a spiegare tutto con il solo metro di misura che conosciamo, ovvero il nostro.
Ma dato che non sono uno psicologo, non mi soffermerò ora ad approfondire le motivazioni che spingono il proprietario a darsi tali spiegazioni, bensì tenterò di spiegare cosa accade nei nostri animali e perché mettono in atto certi comportamenti indesiderati in nostra assenza.
Dobbiamo innanzitutto pensare che alla base di tutto di solito c'è una sensazione di disagio, ansia e malessere difficilmente gestibili dall'animale, che mette in atto una frenetica ricerca del proprietario in sua assenza.
Quasi sempre la diagnosi semiologica di tale problematiche in medicina comportamentale prende il nome di ansia da separazione, ovvero una patologia dovuta ad un'alterazione nello sviluppo comportamentale riguardante la qualità del legame di attaccamento nei confronti del proprietario. Relazione quest'ultima importantissima e reciproca, in cui il cane vede una sorta di succedaneo dello speciale rapporto che aveva da cucciolo nei confronti della madre, e grazie alla quale dovrebbe portare a termine il suo sviluppo comportamentale, in assenza della stessa.
A volte però per vari motivi, dovuti principalmente alla mancata realizzazione del normale distacco durante la crescita e quindi dell'acquisizione della necessaria autonomia, si realizza un vero e proprio legame di iperattaccamento, spesso dovuto al fatto che il proprietario ignora i meccanismi attraverso cui favorire tale indipendenza affettiva, oppure a volte perché continua a rispondere per autogratificazione alle sollecitazioni del cane, ormai pubere o magari già adulto, come se fosse ancora un cucciolo, rafforzando tale dipendenza o infine perché il cane ha subito in precedenza situazioni di isolamento come quelle del canile, che non favoriscono sicuramente il suo normale processo evolutivo.
Certamente dietro tali anomalie vi sono anche altre cause, oltre alla sindrome da iperattaccamento, come disturbi gerarchici, fobie, deficit degli autocontrolli o la sindrome di ipersensibilità-iperattività, ma sarebbe troppo lungo qui spiegarle tutte.
L'importante è capire che quando ci si trova di fronte a certe situazioni è inutile e dannoso ricorrere a punizioni a posteriori, quando cioè ormai il danno è fatto; ma sarebbe invece opportuno ricorrere all'aiuto di un professionista qualificato in grado di riconoscere e curare i disturbi del comportamento risolvendoli nel migliore dei modi, per salvaguardare il rapporto cane-proprietario.
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