domenica 18 gennaio 2009

La coda da stallone

Forse non tutti sono a conoscenza dell'esistenza nei nostri carnivori domestici del cosiddetto "organo della coda" o sopracaudale: stiamo parlando di una regione lineare nel gatto ed ovalare nel cane, della superficie dorsale della coda, ricca di ghiandole sebacee apocrine ed il cui mantello pilifero è caratterizzato da peli duri e grossolani, ciascuno dei quali emerge da un unico follicolo pilifero, anziché multiplo come nelle altre parti.
Si tratta di ghiandole specializzate, costituite da cellule epatoidi che istologicamente sono indistinguibili da quelle che si riscontrano a livello delle ghiandole circumanali e perianali.
Il prodotto della secrezione di tali ghiandole dal caratteristico aspetto ceroso ha svariate funzioni tra cui quella principale di marcatura olfattiva territoriale e di riconoscimento olfattorio della specie.
Talvolta però può accadere che tali ghiandole vadano incontro ad un processo infiammatorio che causa ipersecrezione, per cui si produce una forma di seborrea localizzata che va appunto sotto il nome di coda da stallone.
Nel gatto è una condizione idiopatica, generalmente asintomatica e soltanto localizzata, mentre nel cane può essere localizzata oppure essere associata ad una patologia seborroica, primaria o secondaria, generalizzata. In questo caso ovviamente sono presenti anche altre lesioni cutanee.
Clinicamente si manifesta come un accumulo di materiale oleoso e conseguentemente un aggrovigliamento dei peli nella parte dorsale della coda, che diviene untuosa e, raccogliendo lo sporco, porta facilmente ad un'occlusione dei follicoli ad opera del sebo, della cheratina e dei detriti presenti.
Secondariamente possono quindi insorgere follicolite batterica, comedoni, foruncolosi localizzata e prurito.
A questo punto il pelo della superficie dorsale della coda gradualmente si dirada e la cute infiammata può presentare iperpigmentazione o parziale alopecia, riempendosi di croste fino alla formazione di comedoni e pustole.
Anche se questa condizione patologica si registra più comunemente nei maschi interi proprio per il ruolo svolto dagli ormoni androgeni, in effetti si può riscontrare anche in individui di entrambi i sessi, sterilizzati o meno.
Nel gatto, specie in cui è comunque poco comune, sembra che avvenga soprattutto in soggetti ricoverati in gabbia per lunghi periodi nelle pensioni per gatti o durante degenze prolungate in cliniche veterinarie e nei soggetti con scarsa attitudine alla tolettatura; inoltre si è osservata una certa predisposizione di razza, in quanto i più interessati sono i persiani, i siamesi ed i devon rex.
Per quanto riguarda le diagnosi differenziali vanno prese in considerazione dermatofitosi, demodicosi e nel cane anche neoplasie e piodermite superficiale.
In genere la prognosi per questa lesione è favorevole, dal momento che è una patologia che causa più che altro danni estetici, non influenzando minimamente la vita dell'animale.
E' comunque raccomandabile (specie nel cane, dove si associa frequentemente ad una infezione secondaria) una terapia antibiotica per 3-4 settimane oppure, previa tosatura della regione, la semplice applicazione di prodotti antiseborroici topici, usati ad effetto, secondo il bisogno.In alternativa, nel caso di frequenti recidive, sempre nel cane, si consiglia la castrazione (chimica o chirurgica) o l'asportazione chirurgica del tessuto ghiandolare in eccesso, sebbene quest'ultima non escluda la possibilità di ulteriori recidive.

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