Toxoplasma gondii è il nome scientifico del protozoo parassita intracellulare che soltanto a sentirlo nominare evoca il terrore per una patologia, la Toxoplasmosi appunto, attorno alla quale sono fioccate una incredibile miriade di leggende e che spesso porta anche alcuni medici a dare informazioni non proprio del tutto corrette.
Vediamo dunque se è possibile fare un po' di chiarezza sull'argomento.
Sicuramente la realtà è che si tratta di una malattia che virtualmente può interessare tutte le specie a sangue caldo, uomo compreso: stiamo parlando dunque di una classica zoonosi. La seconda verità indiscutibile è che è il gatto (in quanto ospite definitivo del parassita) a disseminare nell'ambiente, attraverso le feci, le sue oocisti. Ma adesso vediamo di sfatare alcuni miti che ancora oggi purtroppo mi tocca sentire abbastanza di frequente nell'esercizio della mia professione di veterinario.
Innanzitutto cerchiamo di capire quali sono le tre principali modalità di trasmissione, statisticamente parlando:
1) l'infezione congenita (trasmissione materno-fetale),
2) l'ingestione di cibo o acqua contaminati con le oocisti ed infine
3) l'ingestione di tessuti infetti, appartenenti ad ospiti intermedi (mammiferi o uccelli) parassitati.
Vi sono poi è vero anche altri modi, ma molto meno importanti, come la trasmissione attraverso la lattazione, la trasfusione di sangue o plasma e il trapianto di tessuti od organi.
Esaminando più da vicino la biologia di questo protozoo, possiamo distinguere due cicli vitali che lo contraddistinguono: un ciclo entero-epiteliale (che riguarda soltanto il gatto e i felini in generale) e un ciclo extra-intestinale (che è lo stesso per tutti gli ospiti: uomo, cane e gatto compresi).
Il ciclo vitale completo del parassita si svolge proprio nei nostri felini domestici che sono dunque anche i principali responsabili della diffusione del parassita in quanto ospiti definitivi (ovvero all'interno dei quali il parassita ha una replicazione sessuata) e prevede l'ingestione di prede (di solito roditori o piccoli uccelli) che costituiscono invece degli ospiti intermedi (ovvero a fondo cieco) del parassita.
Nei tessuti di questi ultimi il Toxoplasma infatti vive in una sorta di stadio latente, ovvero incistato in forme dormienti, note col nome di bradizoiti. Questi una volta ingeriti, vengono liberati, durante i processi digestivi, nello stomaco e nell'intestino del gatto e qui penetrano nelle cellule epiteliali del piccolo intestino (intestino tenue), attivandosi e dando luogo a 5 stadi asessuati, equivalenti ai cosiddetti schizonti di altri coccidi (protozoi, parassiti intestinali), finché non giungono a formare i cosiddetti microgamonti (maschili) e macrogamonti (femminili), dalla cui unione si generano le oocisti, ovvero le forme che poi, emesse nell'ambiente esterno con le feci (di solito una sola volta nella vita del gatto e per una durata non superiore ad una settimana), mediante un ulteriore periodo di sviluppo chiamato sporulazione (processo che si compie in 1-5 giorni a temperature e umidità ideali), diventeranno infettanti e pronte a dar luogo ad un nuovo ciclo.
Ricordiamo che le oocisti sono delle vere e proprie forme di resistenza e possono sopravvivere in ambiente esterno per molti mesi, anche in corso di condizioni atmosferiche sfavorevoli.
L'intero ciclo entero-epiteliale può completarsi nell'arco di 3-10 giorni dopo l'ingestione di cisti tissutali, e in 18 o più giorni in caso di ingestione di oocisti.
Lo sviluppo extraintestinale del parassita invece è lo stesso per tutti gli ospiti (compreso il gatto, che in questo caso si comporta come un ospite intermedio, anziché definitivo) ed è indipendente dall'ingestione di oocisti o di cisti tissutali. La differenza consiste nel fatto che gli elementi che si generano in questo ciclo sono tachizoiti, ovvero forme asessuate e meno resistenti dei bradizoiti alla digestione da parte dei succhi gastrici, che attraverso il sangue e la linfa raggiungono vari distretti dell'organismo ospite, e replicando danno luogo ad una reazione da parte dei tessuti dello stesso ospite che tentano di circoscrivere l'infezione incapsulando il parassita.
Le cisti da Toxoplasma che di conseguenza si vengono a formare dalla terza settimana circa dopo l'infezione, prediligono alcuni distretti, quali il sistema nervoso centrale (SNC), i muscoli e diversi altri organi, all'interno dei quali probabilmente persistono per tutta la vita dell'ospite; se poi tale ciclo avviene in una femmina gravida, il parassita può diffondere al feto tramite la circolazione placentare, dando luogo ad aborto o a malformazioni soprattutto a carico del SNC e dell'occhio del nascituro.
Da tutto ciò si deduce che i sintomi e la gravità della malattia clinica dovuta all'infezione da T. gondii dipendono dal grado e dalla localizzazione del danno tissutale.
L'ulteriore problema legato alla presenza delle cisti tissutali, consiste poi nel fatto che queste ultime possono rompersi e i bradizoiti rilasciati dar luogo ad una ricaduta clinica durante immunosoppressione, come in caso di terapie antitumorali o con glucocorticoidi o anche durante altri eventi stressanti per l'organismo (ad esempio appunto, nelle femmine, la gravidanza, l'allattamento o l'estro): malattie concomitanti (Fiv, FeLV, FIP, Cimurro, Leishmaniosi, Erlichiosi, ecc.) e/o immunosoppressione possono dunque rendere l'ospite più esposto al manifestarsi della toxoplasmosi, facendo si che il parassita proliferi come patogeno opportunista.
Vediamo nel dettaglio a questo punto quali sono i quadri sintomatologici di questa parassitosi. Per quanto riguarda il gatto diciamo subito che la sintomatologia può anche essere silente oppure essere caratterizzata, nelle forme acute, da diarrea (durante il ciclo di replicazione entero-epiteliale del parassita) con guarigione spontanea o meno, o infine dar luogo ad interessamento di organi quali polmoni e fegato, e in tal caso avremo anoressia, letargia, vomito, febbre, epatite con ascite e ittero o dispnea da polmonite.
Secondo organo bersaglio di più frequente riscontro in questa specie, soprattutto nelle forme di riattivazione dell'infezione, è il SNC con segni neurologici, atassia, cambiamenti comportamentali, tremori o convulsioni, e l'occhio con forme di uveite ed emorragie retiniche, sino al distacco della retina e conseguente cecità.
Il gatto una volta che ha fatto la malattia, se sopravvive all'infestazione, sviluppa un'immunità rilevabile per mezzo di appositi test ematici tesi all'evidenziazione della presenza di IgM specifiche (tipiche delle fasi iniziali dell'infestazione) la cui durata è però limitata ai primi 3 mesi, e IgG specifiche che compaiono a partire dalla quarta settimana dopo l'infestazione e perduranti in circolo mesi o anni.
Per quanto riguarda il cane i segni clinici più tipici sono quelli dovuti ad encefalomieliti (convulsioni, alterazioni del comportamento, tremori, atassia, paresi, ecc.) e polimiositi (dolore muscolare, zoppie, andature incerte e caratterizzate da rigidità nei movimenti e atrofia muscolare), oltre alla presenza di altri sintomi aspecifici, come anoressia, vomito e diarrea.
La diagnosi si avvale dell'esame emocromocitometrico che di solito mette in evidenza leucocitosi con un aumento discreto degli eosinofili e con neutrofilia e linfocitosi, o al contrario, soprattutto nei gatti colpiti gravemente, leucopenia con linfopenia assoluta e neutropenia, e un'anemia non rigenerativa.
Mentre dal punto di vista biochimico si registra frequentemente durante la fase acuta della malattia ipoproteinemia e ipoalbuminemia, e poi un aumento degli enzimi che testimoniano il danno muscolare o epatico (CPK, ALP, ALT e AST).
Per quanto riguarda i test specifici diciamo subito che nel gatto la presenza di IgG anti-Toxo indica solo un avvenuto contatto col parassita e non uno stato di malattia attivo. Mentre un aumento di almeno 4 volte delle stesse in due successivi campionamenti o il ritrovamento di elevati livelli di IgM (1:64 o superiori) sono maggiormente indicativi di infezione recente o in atto e quindi anche di una maggiore probabilità di eliminazione di oocisti nell'ambiente da parte del gatto in questione.
In merito alla prognosi diciamo che gli animali adulti e in buone condizioni generali di partenza, una volta colpiti da questa parassitosi di solito hanno buone probabilità di guarigione, a patto che la malattia venga diagnosticata e trattata nelle fasi iniziali e per la durata di 2-3 settimane con la terapia specifica a base di Clindamicina.
Infine, visto che stiamo parlando di una zoonosi, su cui ancor oggi aleggiano parecchi equivoci, va ricordato che coloro i quali si prendono cura del gatto affetto da tale patologia, devono si manipolare con particolare cura i fluidi e le deiezioni; ma non per questo lesinargli le abituali attenzioni quotidiane.
Infatti la cosa importante, soprattutto per le donne incinte, è quella di evitare ogni contatto con i materiali della lettiera e le feci del gatto potenzialmente infetto (perché magari caccia prede vive); ma ancora più importante è che evitino di mangiare carni poco cotte o crude come alcuni insaccati (il Toxoplasma viene inattivato a temperature superiori ai 70°C), verdure crude soprattutto se non accuratamente lavate, e ancora, in caso di contatto con la carne cruda, le mani vanno poi lavate bene con acqua e sapone così come i coltelli e gli utensili che sono venuti in contatto con essa.
E rimanendo in tema di prevenzione, per quanto riguarda il proprio gatto di casa, bisognerebbe tassativamente impedirgli di cacciare prede vive, mangiare carne cruda, frugare tra i rifiuti o nutrirsi di animali morti. Il consiglio quindi è quello di alimentare sempre il proprio animale domestico con prodotti commerciali (cibo inscatolato o croccantini) oppure con cibi cotti a temperature dai 70°C in su.
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