Riprendo oggi a scrivere, dopo una lunghissima pausa per motivi non dipendenti dalla mia volontà, con un post di argomento astrologico-biografico: l'analisi del tema natale di Peter Fonda nato proprio oggi, 70 anni fa.
Attore, regista e produttore statunitense, figlio di due genitori, entrambi attori, Henry Fonda e Frances Ford Seymour, fratello dell'attrice Jane Fonda, e padre a sua volta di Bridget e Justin Fonda (anch'essi attori).
In Italia ha recitato anche nella miniserie televisiva di produzione nostrana, "Gli indifferenti", diretta da Mauro Bolognini e tratta dal romanzo di Alberto Moravia, ma è sicuramente passato alla storia per il film "Easy Rider", vero e proprio manifesto della cultura alternativa degli anni '60.
Nasce il 23 febbraio 1940 a New York, attorno a mezzogiorno e pertanto è un Pesci ascendente Gemelli con il Sole al Medium Coeli e la Luna in Vergine in quarta casa, opposti tra loro, ad indicare la frattura tra i due genitori (effettivamente separatisi) ed un importante stellium di ben 5 pianeti in undicesima casa (la casa dello sradicamento anticonformistico per eccellenza).
Strano destino il suo, appartenente al dodicesimo segno zodiacale, i Pesci, che simboleggiano il drammatico tema del distacco dalla madre, dal momento che stagionalmente questo segno coincide proprio con l'ultima fase della vita sotterranea del seme, che sta finalmente completando la sua metamorfosi, germogliando dal grembo terrestre.
Peter infatti ad appena 10 anni è costretto a sperimentare precocemente su di sé questo trauma, rimanendo orfano, perché sua madre Frances, che era già in cura da tempo per problemi mentali (come vuole quel Nettuno in quarta casa opposto a Mercurio in decima), nel giorno del suo quarantaduesimo compleanno, si toglie la vita tagliandosi la gola con un rasoio.
Questo episodio della perdita della madre (la presenza della Luna in quarta indica proprio il peso enorme avuto dalla figura materna nella sua esistenza) ha segnato sicuramente la vita del piccolo Peter, che appena un anno dopo, rimane vittima a sua volta di un grave incidente, sparandosi accidentalmente (secondo la versione ufficiale) un proiettile nello stomaco, rimanendo in bilico tra la vita e la morte prima di salvarsi. Esperienza che lo spinse più tardi, nel 1965, a ripetere ossessivamente ai suoi amici Beatles, sotto l'effetto dell'LSD (le droghe e le dipendenze sono tipicamente pescine), di "sapere cosa significa essere morto" tanto che tale frase ("I know what it's like to be dead") verrà immortalata nella loro canzone, "She Said She Said", presente nell'album Revolver del 1966.
L'attore vive sin dai primi anni della sua vita in un'ambiente artistico, molto stimolante e poliedrico, che sicuramente favorisce e asseconda le sue attitudini anticonformistiche. Studia recitazione ad Omaha (Nebraska) dove frequenta l'University of Nebraska-Ohama e la Omaha Community Playhouse (il teatro dove hanno esordito attori quali Marlon Brando e lo stesso Henry Fonda) in cui calca le scene per la prima volta con la commedia "Harvey". Per poi trasferirsi nuovamente nella Big Apple, diventando apprendista al Cecilwood Theatre e debuttando infine a Broadway con "Blood, Sweat & Stanley Poole", grazie a cui inizia a farsi conoscere al grande pubblico.
Nel 1963, trasferitosi ad Hollywood, inizia la sua carriera nel mondo del cinema, interpretando un ruolo da co-protagonista in "Tammy and the Doctor".
Successivamente, grazie ad una sua trovata ironica e spiritosa (ascendente Gemelli), fa colpo sul regista Robert Rossen, che in realtà stava cercando un attore ebreo per la parte di Stephen Evshevsky nel suo "Lilith", ma che alla fine scrittura lui, che, per rendersi più simile ad un ebreo, ruba gli occhiali allo stesso regista (ebreo, appunto) e li indossa.
Pur interpretando altri due ruoli importanti ne "I vincitori" prima e in "Giovani amanti" poi, Peter non impersona il classico attore hollywoodiano, anzi preferisce rinunciare a diversi ruoli convenzionali, si fa crescere i capelli lunghi (all'epoca simbolo di contestazione) e abbraccia la filosofia hippy, alienandosi le simpatie della conformista industria cinematografica dell'epoca, tanto che il lavoro inizia a scarseggiare.
Alla fine del 1966 viene anche coinvolto in uno scontro tra manifestanti e polizia per la chiusura del club hippy Pandora's Box ed arrestato. Ma viene rilasciato subito dopo in quanto si scagionerà dicendo di trovarsi lì solo per filmare l'accaduto. Dello stesso anno è anche il primo ruolo che incarna la controcultura nascente, quello di Heavenly Blues, protagonista del film "I selvaggi" (titolo originale "The Wilde Angels"), che risulterà profetico e probabilmente di ispirazione per il successivo e più noto "Easy Rider" che lo immortalerà definitivamente nell'Olimpo dei divi di Hollywood.
In effetti quest'uomo incarna perfettamente la figura del contestatore sessantottino: di sicuro, con tutti i suoi valori undicesima casa, non poteva accettare l'etichetta di uomo tradizionalista, per bene ed affidabile che calzava a pennello a suo padre, a cui difatti vennero affidati quasi esclusivamente ruoli di spiccata integrità morale. No, lui impersonava molto meglio lo spirito contestatario e idealista di quegli anni, figli della beat generation, in cui si cercò di ribaltare, attraverso la cultura hippy (peace & love), il sistema capitalista, ipocrita e perbenista, guerrafondaio e razzista, che ancora oggi affligge il nostro mondo, dietro la spinta utopistica del mito di una fantomatica età dell'Aquario.
Ecco spiegato dunque il successo che gli arriva col personaggio di Wyatt, con cui è divenuto famoso, meglio noto col soprannome di Capitan America, nel road movie "Easy Rider" del 1969, la cui sceneggiatura ha scritto egli stesso (assieme a Dennis Hopper e Terry Southern) con tutta la rabbia che aveva in corpo, in sole quattro ore, una notte di fine settembre del 1967, come rivela in una sua recente intervista, con lo scopo di portare sullo schermo "qualcosa che scuotesse le gabbie, andasse contro il sistema. Non un film direttamente sulla guerra (erano gli anni della guerra in Vietnam), ma che interpretasse il disagio dell'epoca, la voglia di cambiare. Era un film sui giovani americani di allora, di fronte al razzismo, l'intolleranza, la chiusura mentale."
I Pesci, segno di nascita di Peter, così come i Gemelli (all'ascendente) sono entrambi segni nomadici e in questo film, il nostro esprime in chiave moderna questo bisogno atavico dell'uomo di viaggiare alla ricerca di se stesso, tipico di entrambi: viaggio fisico (sulla groppa delle motociclette "chopper") ma anche psichico (i richiami all'uso di alcool e droghe si susseguono per tutta la storia), comunque e sempre frutto di un disagio palpabile nei confronti di una società che va stretta e da cui si cerca inutilmente di fuggire.
Dopo il successo unanime di pubblico e di critica, inizia però un periodo di discesa nell'oblio: nel 1971 gira il western "Il ritorno di Harry Collings", un film ambizioso, ma senza una vera spina dorsale, che sebbene costituisca una interessante variazione sulle tematiche tipiche del western e della cultura americana, riceve una fredda accoglienza e contribuisce a renderlo poco desiderabile agli occhi degli Studios.
Peter però non si perde d'animo e continua comunque a lavorare anche se i film che seguirono non riuscirono mai ad eguagliare la stessa fama e successo dell'ormai mitico "Easy Rider", ricordiamo tra gli altri "Fuga da Hollywood" (1971), "Le mele marce" (1973), "Zozza Mary, pazzo Gary" (1974), "In corsa col diavolo" (1975), "Truck drivers" (1978), "La corsa più pazza d'America" (1981), "L'uomo delle grandi pianure" (1987), "Family Express" (1990) e molti altri.
Finché con "L'Oro di Ulisse" (1997), nonostante la ridotta distribuzione, torna nuovamente alla ribalta ottenendo la candidatura al Golden Globe.
Invecchiato e molto più consapevole, riscattandosi dai suoi soliti personaggi sempre in fuga, con quest'interpretazione di un apicultore silenzioso e malinconico, appare qui molto più simile ad uno dei ruoli interpretati dal padre, riconciliandosi post mortem proprio con quell'ingombrante figura paterna, con cui entrò spesso in polemica per il suo essere perennemente controcorrente e a cui rimprovera ancor oggi di essere stato troppo burbero e silenzioso.
Una delle sue caratteristiche fondamentali che lo contraddistinguono a tutt'oggi è lo spirito di indipendenza che lo spinge da sempre a seguire la sua voce interiore contro tutto e tutti e che spesso ne ridusse o pregiudicò il successo, ma che in compenso gli ha permesso di sentirsi sempre libero. Eppure questa sua sete di indipendenza (come ben testimoniano i suoi valori undicesima casa e il Sole piazzato al MC), che lo ha sempre spinto ad inseguire l'autonomia è probabilmente minata da una perenne insicurezza di fondo (la quadratura Marte-Plutone è pur sempre rivelatrice di ansie, angosce, frustrazioni e complessi di impotenza) che è stata la vera molla ad andare avanti, unita ad un'innegabile intelligenza (Mercurio opposto a Nettuno) e ad un dinamismo che lo obbliga a non restarsene mai con le mani in mano (Mercurio sestile a Urano e lo stesso asc. Gemelli), tanto che la sua più grande paura a 70 anni è proprio quella di rimanere invalido o di ritirarsi in pensione, spingendolo a dichiarare che la sua speranza è invece quella di arrivare ad 80 anni attivo ed efficiente come Clint Eastwood.
E bisogna dire che non gli mancano certo i progetti nel cassetto: dopo aver girato nel 2007 "Ghost Rider" ed il remake western dal titolo "Quel treno per Yuma" confessa in un'intervista dello scorso anno di voler realizzare una sorta di documentario ("Serching for America") in cui fotografare l'America di oggi per mezzo degli occhi di un easy rider. Ha inoltre in cantiere la sceneggiatura per un film sui pirati della Somalia ed il PC pieno zeppo di appunti, idee ed abbozzi per lavori futuri...Insomma l'ascendente Gemelli si fa sentire eccome, in questo spirito adolescenziale che lo rende un eterno curioso nei confronti della vita, mai pago del suo vissuto, ma anzi sempre pronto a risalire in moto per una nuova avventura, novello paladino del cinema indipendente.