domenica 18 aprile 2010

A proposito dell'uso del farmaco in deroga

Oggi vorrei parlare o meglio lasciar parlare un collega, il dr. Corrado Colombo, che ha pubblicato un interessantissimo articolo sul suo blog, in merito ad una problematica a mio giudizio non sviscerata a dovere, né dagli organi preposti e nelle sedi consone (anche se ad onor del vero dal 24 febbraio scorso esiste un tavolo ancora aperto presso il Ministero della Salute per ascoltare i vari attori sulla questione), né dai mezzi di comunicazione che solitamente danno grande eco a certe notizie, ma che in questo caso stranamente continuano a preferire un assordante silenzio, che chissà magari è anche migliore delle falsità pubblicate generalmente o della superficialità con cui sono soliti trattare molti fatti di cronaca.
In ogni caso la questione interessa da vicino sia i medici veterinari che i proprietari di animali da compagnia, poiché secondo le nuove normative (parliamo del D.L. n.193 del 6 aprile 2006 che recepisce la direttiva 2004/28/CE e che è stato ulteriormente corretto ed integrato con le modifiche apportate dal D.L. n.143 del 24 luglio 2007), soprattutto se interpretate e applicate in senso pedissequamente restrittivo e miope, si profilano degli ostacoli insormontabili nell'attuazione in scienza e coscienza di interventi terapeutici e nella gestione pratica di numerose patologie.
Ma lascio la parola a Corrado che nella stesura del suo articolo focalizza e chiarisce quali sono queste problematiche in maniera egregia, proponendo una condivisibile interpretazione:

"Sostanzialmente se sono un veterinario e devo curare un animale, se voglio curare un animale e non c'è il farmaco veterinario, uso quello umano. Soprattutto se si tratta di animali che non vengono mangiati. Non ci vedo nessun male. Solo che alcune leggi italiane vietano questo uso, e sono state comminate sanzioni di migliaia di euro a veterinari di animali da compagnia per tale motivo. Animali da compagnia. Cani e gatti.
Notare bene, molto spesso il problema è di reperibilità: il farmacista non ha il farmaco veterinario, mentre quello uso umano è molto più disponibile, anche capillarmente. Altre volte il farmaco umano funziona meglio di quello veterinario, o di una sua alternativa. Altre volte, a pari composizione, costa meno.
AISA, la potente associazione di categoria (si definisce Associazione Italiana della Salute Animale, con termini eufemistici) dei produttori di medicinali veterinari, associata a Federchimica e Confindustria, non è d'accordo, e fin qui comprensibile. AISA usa argomenti tecnicamente molto labili, come la tollerabilità dei farmaci specifici, e rifiuta l'argomento dei maggiori costi. Insomma, se una penicillina uso veterinario costa 10 e lo stesso farmaco uso umano costa 5, per AISA va bene così. Le motivazioni tecniche affermate sono molto discutibili."
E' sulla scorta di queste premesse che si collocano due petizioni, promosse da alcune associazioni professionali e culturali indipendenti, quali ASSOVET ed UNISVET, di cui una in particolare (quella promossa da ASSOVET) ho voluto appoggiarla personalmente, firmandola e pubblicizzandola anche qui (vedi banner sulla colonna di destra di questo blog).
"Capitano a questo punto delle cose strane:
- la FNOVI, con un durissimo comunicato, si dissocia dalla petizione. Non si capisce nemmeno perchè un tale scostamento. Non si capisce tra l'altro chi avrebbe inviato "richieste di informazioni e chiarimenti"
- anche ANMVI emette analogo simile comunicato
- le industrie farmaceutiche associate ad AISA, che per sua ammissione "da sempre.. è stata un partner costante e credibile di tutte le Associazioni culturali veterinarie, supportandone i progetti di crescita professionale", insomma, da sempre ha sponsorizzato le società culturali, tirando fuori soldi, ebbene, queste aziende ritirano le sponsorizzazioni ad Assovet (e ad Unisvet, società culturale indipendente), con motivazioni economiche.
Concomitanza quantomeno sospetta, ma legittima pure questa.- viene indetta una riunione, il consueto tavolo di lavoro, al ministero, a cui si dà ampia ed inconsueta visibilità.
Soprattutto, AISA invia una lettera dove ci dà di sciabolate contro la petizione Assovet, ma soprattutto ricorda che da sempre la loro associazione ha supportato i progetti di crescita di TUTTE le associazioni culturali. Traduzione: da sempre abbiamo dato dei soldi alle associazioni. Inoltre ritira le proprie sponsorizzazioni ad Assovet.
Non mi interessa l'ottima risposta tecnica, che Massimo Raviola, Presidente Assovet, dà molto bene e correttamente. O quella altrettanto corretta di Andrea Dorcaratto, Presidente Unisvet.
Mi preoccupa invece questa spropositata reazione sinergica di AISA, Ministero, ANMVI, attorno ad una posizione lobbistica. Per cui vorrei farne un'analisi diversa.
ANMVI, che ricordo è un'azienda privata, legittimamente e anche in modo trasparente, dice perché si dissocia. Sostanzialmente dice "noi stiamo lottando per far sì che il veterinario venda i farmaci veterinari nel suo ambulatorio, quindi sarebbe darsi la zappa sui piedi. Il farmaco umano, anche in tale ipotesi, lo venderebbero i farmacisti, mica noi". Per carità, magari le associazioni dei consumatori sono contro, ma problema loro. Personalmente penso che un progetto del genere dovrebbe essere portato avanti più limpidamente, ma parere personale.
Anche AISA è a suo modo trasparente, e anche lei pure legittimamente.
Non è propriamente raffinata, o culturalmente avanzata, ma questo non è un reato.
Ma preoccupa la reazione FNOVI. Perchè? Che senso ha una dissociazione simile? In fondo Assovet chiede una cosa molto etica ed assolutamente trasparente. Io mi dissocerei piuttosto da AISA, che nella lettera parla delle Società culturali, ma sappiamo che la pubblicità del farmaco ha un suo peso anche sulla rivista FNOVI.
E al Ministero che ne dicono? Non dimentichiamo che stiamo parlando di quel Ministero dove scoppiò, proprio per la decisione su quali farmaci si potevano usare, in umana, e sul loro prezzo, il più grande, vergognoso scandalo della gestione del farmaco, quello di Duilio Poggiolini, funzionario ministeriale che imbottiva i divani di soldi.
Parliamo di industrie del farmaco, il cui Direttore Generale, Enrica Giorgetti, è la moglie del ministro del welfare. Parliamo dell'ambiente dove nascono scandali a gogo, quello della Salute. Dobbiamo avere dubbi solo sul comparto umano? Non sembra anche a voi che occorra trasparenza?
In particolare, vorremmo conoscere i rapporti economici di AISA con TUTTE le istituzioni veterinarie. Sapere se e chi e quanto e perchè viene pagato.
E la FNOVI, non si sente in imbarazzo a difendere l'ECM, su cui ci sono interessi fortissimi di quelle società culturali che poi ricevono i soldi di AISA?
Secondo me ce ne sarebbe abbastanza da almeno avviarci un'inchiesta. Si possono ipotizzare manovre anticoncorrenziali, tentativi di cartello, tutte cose proibite dalla legge. E' dovere di tutti chiarire questi dubbi e la loro posizione. Sarebbe dovere dello Stato controllare che nessuno cerchi di fare il furbo, sia pure sulle spalle dei proprietari di animali, che alla fine pagano loro. E qualche volta anche sulla pelle degli animali, in questo caso.
Quante leggi sul farmaco veterinario sono condizionate dalla lobby farmaceutica e quanto da effettive necessità? Possibile che ci sia questa grande sinergia su una parte tutto sommato minima della questione farmaco veterinario e che nessuno si occupi invece del farmaco in nero, la vera questione preoccupante? Perché una reazione simile? Esiste forse un sistema di condizionamento, di cartello, che ha infiltrato le aree di contiguità?
Io propongo che la petizione venga allargata a questi concetti. Vogliamo sapere quanto viene versato dalle ditte del farmaco ad istituzioni e associazioni. Vogliamo trasparenza
Senza trasparenza cambieremmo un effetto ma non la causa. E questo è il malanno italiano. La mancanza di trasparenza. E' per questa che ci battiamo."
Spero che dopo aver letto questo articolo anche voi abbiate voglia di firmare e far firmare la petizione in questione, affinché si acquisisca peso e si diventi una forza contrattuale importante per poter trattare alle nostre condizioni e non a quelle imposte da AISA.

martedì 9 marzo 2010

Partita anche l'anagrafe per i conigli domestici


Dopo cani e gatti, il coniglio (quasi sempre nano) è il terzo animale domestico più diffuso nelle case degli italiani: secondo fonti Eurispes del 2004 pare infatti che se ne contino almeno 1.000.000!
Non sorprende dunque che dopo quasi un anno di lavori da parte di varie associazioni e gruppi sorti in difesa e per il riconoscimento del coniglio come animale d'affezione, in collaborazione col ministero della Salute, nasca finalmente anche un'anagrafe tutta per loro: l'anagrafe lapina appunto.
Il progetto dell'anagrafe dedicata ai conigli nasce nell'ambito del Convegno Nazionale sulle nuove norme per la tutela degli animali d'affezione, tenutosi a Roma il 24 febbraio dello scorso anno, in cui si sono discusse numerose proposte per una legge di riordino mirata a garantire per l'appunto la tutela degli animali d'affezione.
Lo scopo principale di tale progetto è quello di raccogliere tutti i dati dei conigli identificati con microchip sul territorio italiano in modo da garantire la veloce restituzione dei conigli smarriti ai legittimi proprietari. E questo sia per conoscere la consistenza e la distribuzione della popolazione cunicola italiana e dunque ovviamente per prevenire e combattere il fenomeno dell'abbandono; ma anche per riconoscere al coniglio il ruolo di animale d'affezione a livello legislativo nazionale, garantendogli la stessa tutela di cani e gatti con assoluto divieto di macellazione.
Il coniglio viene identificato con un "microchip", che viene applicato dal medico veterinario per via sottocutanea, in modo rapido, innocuo e indolore. Dopo aver applicato il microchip, il Medico Veterinario invierà all'Anagrafe Conigli il numero del microchip, i dati segnaletici del coniglio e i dati relativi al proprietario. Al proprietario verrà consegnato un certificato di iscrizione.
In ogni caso, in attesa che questa iniziativa diventi obbligatoria per legge, è nato parallelamente ed indipendentemente dall'Anagrafe Conigli, un importante progetto di censimento della popolazione lapina, in modo da rendere possibile la registrazione di tutti quei conigli che non sono ancora stati microchippati.
Probabilmente molti si chiederanno il senso di tutto ciò; ma bisogna pensare che è relativamente recente l'acquisizione del coniglio come animale da compagnia: parliamo infatti di poco più di 10-15 anni or sono, e questo determina anche a livello legislativo dei vuoti importanti che creano non poche perplessità ed imbarazzi, per usare degli eufemismi, negli operatori del settore (parlo sia dei proprietari, che dei veterinari che se ne occupano).
Basti ricordare che l'utilizzo di farmaci quali gli antibiotici, è sottoposto nel caso degli animali da carne a severi controlli e limitazioni che difatto impedirebbero materialmente il loro corretto utilizzo in un coniglio da compagnia se non rischiando di incorrere in severe sanzioni.
Tali iniziative nascono dunque proprio con l'intento di rendere visibile agli occhi del legislatore, la differenza che intercorre tra un animale d'affezione e un animale allevato a scopi alimentari, per cui più conigli verranno censiti in quanto pets, più peso avrà la loro presenza ed il loro diritto ad essere tutelati come animali d'affezione, esattamente come cani e gatti.
Il progetto Anagrafe Conigli è rivolto a tutti i cittadini proprietari di uno o più conigli, ai veterinari e a tutte le associazioni di tutela degli animali presenti sul territorio nazionale che abbiano in carico dei conigli. Solo attraverso la collaborazione tra privati, professionisti e associazioni sarà possibile fare un passo concreto verso il riconoscimento del coniglio come animale da compagnia.
In molti hanno già aderito: se vuoi farlo anche tu, scopri come visitando il sito: www.anagrafeconigli.it.

giovedì 4 marzo 2010

Il gatto e i suoi ritmi nella coabitazione con l'uomo

Uno dei principali problemi nella convivenza uomo-gatto è rappresentato dalla differenza di abitudini di vita e dei ritmi ad esse correlate: l'uomo infatti è un animale diurno, mentre il gatto è indifferentemente diurno e notturno, in egual misura, ovvero non ha bisogno di alternare un giorno di attività ad una notte di sonno; ma può dormire o attivarsi di giorno come di notte.
Come possono allora coabitare queste due specie, senza disturbarsi?
Intanto diciamo subito che il gatto adatta e modella il suo ritmo, per quanto possibile, al ritmo degli umani nella misura in cui vi è costretto. Ecco quindi che nel momento in cui un gatto si appropria di una casa, nel caso in cui gli sia consentito di uscire liberamente e dunque può continuare a svolgere il suo ruolo di gatto libero, non ha alcun motivo di cambiare il suo ritmo e le sue abitudini. Al massimo verrà a mendicare all'ora dei pasti, nella speranza che qualche leccornia cada dalla tavola.
Inoltre per non essere disturbato dagli orari, per lui incomprensibili, dei suoi coabitanti umani, il gatto si mostrerà socievole quando essi sono abbordabili, per poi rendersi introvabile quando costoro rischiano di turbare il suo benessere, accarezzandolo e svegliandolo mentre sta dormendo, ad esempio.
Nel caso invece del gatto che vive unicamente all'interno di un appartamento e che ha dunque perso la sua libertà, esso dovrà compiere indubbiamente il maggior sforzo di adattamento ai ritmi dei suoi proprietari. Infatti questi ultimi non vedono di buon occhio che lui si svegli e miagoli alle 5 del mattino, che vaghi di notte e dorma quando essi sono svegli e desiderano giocare con lui o prodigarsi in attenzioni materne.
Se il gatto ha poi un ritmo circadiano differito di 12 ore rispetto a quello dei suoi proprietari, ossia se il gatto è sveglio quando i suoi proprietari dormono, questi avranno seri problemi, soprattutto se il gatto in questione miagola fra le 2 e le 5 del mattino, l'ora in cui le potenzialità fisiche, psichiche ed emotive dalla maggior parte degli umani sono al livello più basso.
Immaginate un gatto d'appartamento, solo in casa che, sin quando i proprietari sono assenti, non ha niente da fare tutto il giorno. Il gatto inizia a svegliarsi quando gli umani rientrano dal lavoro: questo infatti è il momento delle interazioni! Qualche ora più tardi, quando il gatto è ancora ben sveglio, i proprietari invece, affaticati dopo una lunga giornata di lavoro, si addormentano.
Il gatto allora tenterà di mordere loro le dita del piede o la mano, farà uno sprint attraversando la stanza, balzerà sul letto e sulle persone, vocalizzerà intensamente, e....tutto ciò fa muovere la gente! E' incredibile, ma è proprio così che il gatto raggiunge il suo scopo: ottiene infatti quell'interazione tanto desiderata. Le pantofole si mettono a volare, la gente grida, le orecchie fremono, le coperte si smuovono, agitandosi e talvolta accade persino che la ciotola si riempia di cibo!
Se poi in casa c'è più di una persona è quasi certo che almeno una di esse prenderà in braccio il gatto per coccolarlo e tentare di calmarlo, mentre l'altra cercherà invano di riaddormentarsi. Il gatto avrà così ottenuto un "universo" più ricco ed interessante, per cui di sicuro ci riproverà: il suo vero obiettivo infatti è quello di educare i suoi padroni e non si arrenderà finché non lo avrà
raggiunto!
Se il veterinario formula, in merito al gatto, una diagnosi di buona salute mentale, non vi resta che invertire i suoi ritmi circadiani.
Il consiglio è semplice in teoria: fornire al vostro gatto delle attività durante il giorno, ma in pratica come fare?
-Innanzitutto fate in modo che debba cercare il suo nutrimento: nascondete il cibo in luoghi differenti, in maniera che mimi la naturale attività di caccia: mettete alcune crocchette in un contenitore di plastica perforata che, mossa in continuazione dal gatto, lasci uscire le crocchette una alla volta, ad esempio.
-Poi cercate di giocare col vostro gatto il più spesso possibile, quando siete in casa. Ciò può comportare una riorganizzazione delle vostre serate, spegnendo la TV, rinunciando ad alcune uscite o riducendo il tempo dedicato alle letture preferite, per dedicare al gatto momenti di attività. Fabbricate voi stessi dei semplici giochi: ad esempio attaccate una piuma ad una cordicella, la cordicella a un bastone e avrete una canna da pesca per spronare il vostro gatto ad un inseguimento eccitante, facendolo stancare a dovere.
-Infine durante il giorno svegliate il vostro gatto quando sta dormendo e proponetegli un'attività interessante. Ogni gatto ha delle sue preferenze in merito. Cosa piace al vostro? Stuzzicatelo con qualcosa di appetitoso oppure proponetegli il suo gioco preferito. Dopotutto se il gatto vi sveglia la notte, perché non ripagarlo con la stessa moneta?
Occorre inoltre modificare i comportamenti del gatto durante la notte!
La tecnica più semplice sarebbe chiudere il gatto in cantina; però occorrerebbero due condizioni necessarie ed indispensabili: avere una cantina ed avere il cuore di chiudervi dentro il gatto!
La migliore tecnica educativa in realtà è quella di evitare di interagire (terapia dell'estinzione del comportamento indesiderato), cercando di non reagire affatto alle provocazioni notturne messe in atto dal vostro gatto.
Tuttavia la cosa non è affatto semplice, anche perché il gatto amplificherà esponenzialmente i suoi comportamenti per una decina di giorni, prima di cercarsi un'altra occupazione più interessante e divertente. Riuscireste a tenere duro per 10 notti di seguito?
In alternativa potreste punire il gatto con l'aiuto di un getto d'acqua, ma al buio non sarebbe molto efficace, rischiando oltretutto di bagnare il letto nel momento in cui si cercasse di punire il gatto che vi è salito sopra. E comunque va ricordato che la punizione da sola, senza cioè proporre un'alternativa, ridirigendo l'attività del gatto ogni volta, sarebbe totalmente inutile.
Ma soprattutto evitate di andare in collera; il gatto si spaventerebbe e romperebbe il legame affettivo con voi!
Non pensiate che tutte queste tecniche dimostrino la loro efficacia da un giorno all'altro; ma in una decina di giorni di applicazione il vostro gatto dovrebbe lasciarvi dormire.
Se desiderate invece sincronizzare i ritmi del gatto ai vostri in tempi rapidi, sappiate che esistono dei farmaci che possono aiutare in tal senso, ad esempio quelli che hanno un effetto regolatore sul sonno, oppure ci sono anche degli induttori del sonno (c.d. sonniferi); ma riserviamoli soltanto alle situazioni di effettiva necessità e soprattutto evitate tassativamente il "fai-da-te" e consultatevi sempre con un veterinario in questi casi.
A parte i disturbi della desincronizzazione dei ritmi tra uomo e gatto, ovvero il gatto che vive di notte ed impedisce al proprietario di dormire, i ritmi umani sono poco modificati dalla presenza del gatto. Ciò è uno dei motivi principali per cui il gatto è tanto apprezzato: le sue leggendarie autonomia ed indipendenza infatti consentono all'uomo di avere un animale da compagnia pur continuando a sentirsi libero.
Non c'è necessità infatti di fare uscire il gatto così come si fa invece con il cane: il gatto esce o fa ginnastica da solo, senza bisogno di essere accompagnato o sorvegliato. Non c'è nemmeno necessità di nutrirlo ad orari precisi, poiché la maggior parte dei gatti, quando ha l'alimento (secco) permanentemente a disposizione (ad libitum), si regola molto bene, assumendo solo le giuste quantità necessarie al suo mantenimento.
Non c'è necessità di assumere un cat sitter, poiché il gatto resta facilmente solo, anche per un intero week end (a patto di avere a disposizione cibo fresco e acqua pulita a sufficienza).
E per quanto riguarda le vacanze del proprietario, dato che il gatto non ha bisogno di vacanze, essendo sempre in vacanza, è sufficiente che un amico venga a dargli da mangiare e si intrattenga con lui per un po' di tempo, giocandoci e ovviamente pulendogli la lettiera, tre o quattro volte la settimana, affinché tutto proceda bene e il benessere dell'animale sia preservato.

martedì 23 febbraio 2010

Astrologia: biografia e tema natale di Peter Fonda

Riprendo oggi a scrivere, dopo una lunghissima pausa per motivi non dipendenti dalla mia volontà, con un post di argomento astrologico-biografico: l'analisi del tema natale di Peter Fonda nato proprio oggi, 70 anni fa.
Attore, regista e produttore statunitense, figlio di due genitori, entrambi attori, Henry Fonda e Frances Ford Seymour, fratello dell'attrice Jane Fonda, e padre a sua volta di Bridget e Justin Fonda (anch'essi attori).
In Italia ha recitato anche nella miniserie televisiva di produzione nostrana, "Gli indifferenti", diretta da Mauro Bolognini e tratta dal romanzo di Alberto Moravia, ma è sicuramente passato alla storia per il film "Easy Rider", vero e proprio manifesto della cultura alternativa degli anni '60.
Nasce il 23 febbraio 1940 a New York, attorno a mezzogiorno e pertanto è un Pesci ascendente Gemelli con il Sole al Medium Coeli e la Luna in Vergine in quarta casa, opposti tra loro, ad indicare la frattura tra i due genitori (effettivamente separatisi) ed un importante stellium di ben 5 pianeti in undicesima casa (la casa dello sradicamento anticonformistico per eccellenza).
Strano destino il suo, appartenente al dodicesimo segno zodiacale, i Pesci, che simboleggiano il drammatico tema del distacco dalla madre, dal momento che stagionalmente questo segno coincide proprio con l'ultima fase della vita sotterranea del seme, che sta finalmente completando la sua metamorfosi, germogliando dal grembo terrestre.
Peter infatti ad appena 10 anni è costretto a sperimentare precocemente su di sé questo trauma, rimanendo orfano, perché sua madre Frances, che era già in cura da tempo per problemi mentali (come vuole quel Nettuno in quarta casa opposto a Mercurio in decima), nel giorno del suo quarantaduesimo compleanno, si toglie la vita tagliandosi la gola con un rasoio.
Questo episodio della perdita della madre (la presenza della Luna in quarta indica proprio il peso enorme avuto dalla figura materna nella sua esistenza) ha segnato sicuramente la vita del piccolo Peter, che appena un anno dopo, rimane vittima a sua volta di un grave incidente, sparandosi accidentalmente (secondo la versione ufficiale) un proiettile nello stomaco, rimanendo in bilico tra la vita e la morte prima di salvarsi. Esperienza che lo spinse più tardi, nel 1965, a ripetere ossessivamente ai suoi amici Beatles, sotto l'effetto dell'LSD (le droghe e le dipendenze sono tipicamente pescine), di "sapere cosa significa essere morto" tanto che tale frase ("I know what it's like to be dead") verrà immortalata nella loro canzone, "She Said She Said", presente nell'album Revolver del 1966.

L'attore vive sin dai primi anni della sua vita in un'ambiente artistico, molto stimolante e poliedrico, che sicuramente favorisce e asseconda le sue attitudini anticonformistiche. Studia recitazione ad Omaha (Nebraska) dove frequenta l'University of Nebraska-Ohama e la Omaha Community Playhouse (il teatro dove hanno esordito attori quali Marlon Brando e lo stesso Henry Fonda) in cui calca le scene per la prima volta con la commedia "Harvey". Per poi trasferirsi nuovamente nella Big Apple, diventando apprendista al Cecilwood Theatre e debuttando infine a Broadway con "Blood, Sweat & Stanley Poole", grazie a cui inizia a farsi conoscere al grande pubblico.
Nel 1963, trasferitosi ad Hollywood, inizia la sua carriera nel mondo del cinema, interpretando un ruolo da co-protagonista in "Tammy and the Doctor".
Successivamente, grazie ad una sua trovata ironica e spiritosa (ascendente Gemelli), fa colpo sul regista Robert Rossen, che in realtà stava cercando un attore ebreo per la parte di Stephen Evshevsky nel suo "Lilith", ma che alla fine scrittura lui, che, per rendersi più simile ad un ebreo, ruba gli occhiali allo stesso regista (ebreo, appunto) e li indossa.
Pur interpretando altri due ruoli importanti ne "I vincitori" prima e in "Giovani amanti" poi, Peter non impersona il classico attore hollywoodiano, anzi preferisce rinunciare a diversi ruoli convenzionali, si fa crescere i capelli lunghi (all'epoca simbolo di contestazione) e abbraccia la filosofia hippy, alienandosi le simpatie della conformista industria cinematografica dell'epoca, tanto che il lavoro inizia a scarseggiare.
Alla fine del 1966 viene anche coinvolto in uno scontro tra manifestanti e polizia per la chiusura del club hippy Pandora's Box ed arrestato. Ma viene rilasciato subito dopo in quanto si scagionerà dicendo di trovarsi lì solo per filmare l'accaduto. Dello stesso anno è anche il primo ruolo che incarna la controcultura nascente, quello di Heavenly Blues, protagonista del film "I selvaggi" (titolo originale "The Wilde Angels"), che risulterà profetico e probabilmente di ispirazione per il successivo e più noto "Easy Rider" che lo immortalerà definitivamente nell'Olimpo dei divi di Hollywood.
In effetti quest'uomo incarna perfettamente la figura del contestatore sessantottino: di sicuro, con tutti i suoi valori undicesima casa, non poteva accettare l'etichetta di uomo tradizionalista, per bene ed affidabile che calzava a pennello a suo padre, a cui difatti vennero affidati quasi esclusivamente ruoli di spiccata integrità morale. No, lui impersonava molto meglio lo spirito contestatario e idealista di quegli anni, figli della beat generation, in cui si cercò di ribaltare, attraverso la cultura hippy (peace & love), il sistema capitalista, ipocrita e perbenista, guerrafondaio e razzista, che ancora oggi affligge il nostro mondo, dietro la spinta utopistica del mito di una fantomatica età dell'Aquario.
Ecco spiegato dunque il successo che gli arriva col personaggio di Wyatt, con cui è divenuto famoso, meglio noto col soprannome di Capitan America, nel road movie "Easy Rider" del 1969, la cui sceneggiatura ha scritto egli stesso (assieme a Dennis Hopper e Terry Southern) con tutta la rabbia che aveva in corpo, in sole quattro ore, una notte di fine settembre del 1967, come rivela in una sua recente intervista, con lo scopo di portare sullo schermo "qualcosa che scuotesse le gabbie, andasse contro il sistema. Non un film direttamente sulla guerra (erano gli anni della guerra in Vietnam), ma che interpretasse il disagio dell'epoca, la voglia di cambiare. Era un film sui giovani americani di allora, di fronte al razzismo, l'intolleranza, la chiusura mentale."
I Pesci, segno di nascita di Peter, così come i Gemelli (all'ascendente) sono entrambi segni nomadici e in questo film, il nostro esprime in chiave moderna questo bisogno atavico dell'uomo di viaggiare alla ricerca di se stesso, tipico di entrambi: viaggio fisico (sulla groppa delle motociclette "chopper") ma anche psichico (i richiami all'uso di alcool e droghe si susseguono per tutta la storia), comunque e sempre frutto di un disagio palpabile nei confronti di una società che va stretta e da cui si cerca inutilmente di fuggire.
Dopo il successo unanime di pubblico e di critica, inizia però un periodo di discesa nell'oblio: nel 1971 gira il western "Il ritorno di Harry Collings", un film ambizioso, ma senza una vera spina dorsale, che sebbene costituisca una interessante variazione sulle tematiche tipiche del western e della cultura americana, riceve una fredda accoglienza e contribuisce a renderlo poco desiderabile agli occhi degli Studios.
Peter però non si perde d'animo e continua comunque a lavorare anche se i film che seguirono non riuscirono mai ad eguagliare la stessa fama e successo dell'ormai mitico "Easy Rider", ricordiamo tra gli altri "Fuga da Hollywood" (1971), "Le mele marce" (1973), "Zozza Mary, pazzo Gary" (1974), "In corsa col diavolo" (1975), "Truck drivers" (1978), "La corsa più pazza d'America" (1981), "L'uomo delle grandi pianure" (1987), "Family Express" (1990) e molti altri.
Finché con "L'Oro di Ulisse" (1997), nonostante la ridotta distribuzione, torna nuovamente alla ribalta ottenendo la candidatura al Golden Globe.
Invecchiato e molto più consapevole, riscattandosi dai suoi soliti personaggi sempre in fuga, con quest'interpretazione di un apicultore silenzioso e malinconico, appare qui molto più simile ad uno dei ruoli interpretati dal padre, riconciliandosi post mortem proprio con quell'ingombrante figura paterna, con cui entrò spesso in polemica per il suo essere perennemente controcorrente e a cui rimprovera ancor oggi di essere stato troppo burbero e silenzioso.
Una delle sue caratteristiche fondamentali che lo contraddistinguono a tutt'oggi è lo spirito di indipendenza che lo spinge da sempre a seguire la sua voce interiore contro tutto e tutti e che spesso ne ridusse o pregiudicò il successo, ma che in compenso gli ha permesso di sentirsi sempre libero. Eppure questa sua sete di indipendenza (come ben testimoniano i suoi valori undicesima casa e il Sole piazzato al MC), che lo ha sempre spinto ad inseguire l'autonomia è probabilmente minata da una perenne insicurezza di fondo (la quadratura Marte-Plutone è pur sempre rivelatrice di ansie, angosce, frustrazioni e complessi di impotenza) che è stata la vera molla ad andare avanti, unita ad un'innegabile intelligenza (Mercurio opposto a Nettuno) e ad un dinamismo che lo obbliga a non restarsene mai con le mani in mano (Mercurio sestile a Urano e lo stesso asc. Gemelli), tanto che la sua più grande paura a 70 anni è proprio quella di rimanere invalido o di ritirarsi in pensione, spingendolo a dichiarare che la sua speranza è invece quella di arrivare ad 80 anni attivo ed efficiente come Clint Eastwood.
E bisogna dire che non gli mancano certo i progetti nel cassetto: dopo aver girato nel 2007 "Ghost Rider" ed il remake western dal titolo "Quel treno per Yuma" confessa in un'intervista dello scorso anno di voler realizzare una sorta di documentario ("Serching for America") in cui fotografare l'America di oggi per mezzo degli occhi di un easy rider. Ha inoltre in cantiere la sceneggiatura per un film sui pirati della Somalia ed il PC pieno zeppo di appunti, idee ed abbozzi per lavori futuri...Insomma l'ascendente Gemelli si fa sentire eccome, in questo spirito adolescenziale che lo rende un eterno curioso nei confronti della vita, mai pago del suo vissuto, ma anzi sempre pronto a risalire in moto per una nuova avventura, novello paladino del cinema indipendente.