Continuando ad approfondire il tema dell'aggressività canina oggi vorrei, attingendo al lavoro di Joel Dehasse, occuparmi del ruolo della genetica. Diciamo subito che essa interviene in modo molto rilevante nello sviluppo dei comportamenti aggressivi, attraverso l'intermediazione dell'eccitabilità, dell'impulsività, della reattività, della mancanza di controllo del morso e, tra l'altro, della visione del mondo da parte del cane.
Ad esempio, numerosi cani vivono una socializzazione corretta; ma cambiano completamente nel passaggio dall'adolescenza e all'età adulta, arrivando ad assomigliare più all'uno o all'altro genitore. Questi soggetti molto spesso manifestano aggressione per la distanza e aggressione territoriale, che sono due tipi di aggressività con la stessa predisposizione.
Questo è anche il caso dei comportamenti di caccia.
Gli esperti di genetica assicurano che tra qualche anno saremo in grado di decodificare i geni responsabili della predisposizione all'aggressività.
Questa è la cinologia del futuro: essa consentirà probabilmente di selezionare i genitori sulla base di test genetici facili da realizzare.
Ma attenzione a credere che ci sia un gene responsabile dell'aggressività tout court, al contrario è bene che sia chiaro che ci sono numerosi geni (alcuni centinaia senza dubbio) che intervengono nelle motivazioni dei comportamenti aggressivi.
La domanda che più di frequente viene rivolta ai veterinari è se esistano razze più predisposte di altre a presentare comportamenti aggressivi.
Ebbene, nonostante sia evidente che alcune razze presentino, sulla base della loro storia e del loro impiego, una casistica di soggetti più aggressivi rispetto ad altre, tuttavia, ad oggi, non esiste nessun lavoro scientifico che abbia potuto dimostrarlo.
Per arrivarci occorrerebbe scegliere a caso, in ciascuna razza, un campione rappresentativo di un centinaio di individui da sottoporre ad un test di aggressività scientificamente convalidato. Questa procedura inoltre dovrebbe essere ripetuta paese per paese, giacché le razze sono differenti da una nazione all'altra.
La procedura dovrebbe infine essere ripetuta almeno ogni 5 anni, dato che le razze hanno la tendenza a subire modificazioni a seconda della moda del momento.
Gli standard di razza parlano certo del comportamento ideale del cane di razza; ma queste linee raramente sono rispettate a svantaggio dello standard fisico. E ad oggi, nessuna correlazione può essere fatta tra tipo fisico (somatotipo) ed il comportamento.
Attualmente, ogni considerazione riferita alle razze è arbitraria e ha risonanze razziste.
Allora qual'è la portata della genetica e dell'ambiente nello sviluppo dei comportamenti aggressivi? Nessuno ha trovato ancora una riposta valida. Ma si possono prendere in considerazione valori che vanno dal 30% a più del 50% in media per quanto riguarda la genetica. Questi valori si riferiscono all'ereditabilità dei comportamenti, ossia la parte della genetica che interviene nell'espressione di un comportamento in seno a una popolazione.
Questo dato è largamente sufficiente per realizzare una selezione basata sul carattere non aggressivo, non impulsivo (e non ansioso) del cane di famiglia.
I cani destinati ad un uso professionale dovrebbero provenire da allevamenti specializzati, ove si equilibrerebbero armoniosamente capacità di socializzazione e competenze combattive al fine di avere dei buoni soldati capaci di controllare le loro armi.
La minima interruzione della selezione dei genitori provoca delle derive, che non sono più compensate da una selezione naturale spietata (che escluderebbe dal gruppo cani che non possono comunicare e gestire la loro aggressività).
Pertanto si arriva in tal modo a sviluppare degli individui patologici.
Si possono altresì selezionare famiglie o linee iperaggressive; ciò in realtà è già stato fatto purtroppo per creare i cani da combattimento. Nel giro di alcune generazioni di consanguineità in queste linee, si sviluppano "cloni" che hanno tutti, più o meno, lo stesso comportamento patologico.
La selezione di un cucciolo dovrebbe essere effettuata, almeno in parte, sulla base dell'analisi del comportamento dei suoi genitori. Se l'uno o l'altro o entrambi i genitori risultano aggressivi (aggressione per la distanza), di solito esiste un rischio che va dal 25 al 50%, che il cucciolo diventi aggressivo a sua volta appena raggiunta l'età adulta.
Attenzione però a non trarre delle conclusioni troppo affrettate: infatti non è che siccome un comportamento possiede un determinismo genetico, non lo si possa per questo modificare; questo lo si può fare mediante trattamento farmacologico in associazione preferibilmente ad una terapia comportamentale. Tuttavia, più il problema è radicato nel patrimonio genetico e nella struttura cerebrale, tanto più lungo sarà necessariamente il trattamento.
Questo è anche il caso dei comportamenti di caccia.
Gli esperti di genetica assicurano che tra qualche anno saremo in grado di decodificare i geni responsabili della predisposizione all'aggressività.
Questa è la cinologia del futuro: essa consentirà probabilmente di selezionare i genitori sulla base di test genetici facili da realizzare.
Ma attenzione a credere che ci sia un gene responsabile dell'aggressività tout court, al contrario è bene che sia chiaro che ci sono numerosi geni (alcuni centinaia senza dubbio) che intervengono nelle motivazioni dei comportamenti aggressivi.
La domanda che più di frequente viene rivolta ai veterinari è se esistano razze più predisposte di altre a presentare comportamenti aggressivi.
Ebbene, nonostante sia evidente che alcune razze presentino, sulla base della loro storia e del loro impiego, una casistica di soggetti più aggressivi rispetto ad altre, tuttavia, ad oggi, non esiste nessun lavoro scientifico che abbia potuto dimostrarlo.
Per arrivarci occorrerebbe scegliere a caso, in ciascuna razza, un campione rappresentativo di un centinaio di individui da sottoporre ad un test di aggressività scientificamente convalidato. Questa procedura inoltre dovrebbe essere ripetuta paese per paese, giacché le razze sono differenti da una nazione all'altra.
La procedura dovrebbe infine essere ripetuta almeno ogni 5 anni, dato che le razze hanno la tendenza a subire modificazioni a seconda della moda del momento.
Gli standard di razza parlano certo del comportamento ideale del cane di razza; ma queste linee raramente sono rispettate a svantaggio dello standard fisico. E ad oggi, nessuna correlazione può essere fatta tra tipo fisico (somatotipo) ed il comportamento.
Attualmente, ogni considerazione riferita alle razze è arbitraria e ha risonanze razziste.
Allora qual'è la portata della genetica e dell'ambiente nello sviluppo dei comportamenti aggressivi? Nessuno ha trovato ancora una riposta valida. Ma si possono prendere in considerazione valori che vanno dal 30% a più del 50% in media per quanto riguarda la genetica. Questi valori si riferiscono all'ereditabilità dei comportamenti, ossia la parte della genetica che interviene nell'espressione di un comportamento in seno a una popolazione.
Questo dato è largamente sufficiente per realizzare una selezione basata sul carattere non aggressivo, non impulsivo (e non ansioso) del cane di famiglia.
I cani destinati ad un uso professionale dovrebbero provenire da allevamenti specializzati, ove si equilibrerebbero armoniosamente capacità di socializzazione e competenze combattive al fine di avere dei buoni soldati capaci di controllare le loro armi.
La minima interruzione della selezione dei genitori provoca delle derive, che non sono più compensate da una selezione naturale spietata (che escluderebbe dal gruppo cani che non possono comunicare e gestire la loro aggressività).
Pertanto si arriva in tal modo a sviluppare degli individui patologici.
Si possono altresì selezionare famiglie o linee iperaggressive; ciò in realtà è già stato fatto purtroppo per creare i cani da combattimento. Nel giro di alcune generazioni di consanguineità in queste linee, si sviluppano "cloni" che hanno tutti, più o meno, lo stesso comportamento patologico.
La selezione di un cucciolo dovrebbe essere effettuata, almeno in parte, sulla base dell'analisi del comportamento dei suoi genitori. Se l'uno o l'altro o entrambi i genitori risultano aggressivi (aggressione per la distanza), di solito esiste un rischio che va dal 25 al 50%, che il cucciolo diventi aggressivo a sua volta appena raggiunta l'età adulta.
Attenzione però a non trarre delle conclusioni troppo affrettate: infatti non è che siccome un comportamento possiede un determinismo genetico, non lo si possa per questo modificare; questo lo si può fare mediante trattamento farmacologico in associazione preferibilmente ad una terapia comportamentale. Tuttavia, più il problema è radicato nel patrimonio genetico e nella struttura cerebrale, tanto più lungo sarà necessariamente il trattamento.
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