domenica 18 aprile 2010

A proposito dell'uso del farmaco in deroga

Oggi vorrei parlare o meglio lasciar parlare un collega, il dr. Corrado Colombo, che ha pubblicato un interessantissimo articolo sul suo blog, in merito ad una problematica a mio giudizio non sviscerata a dovere, né dagli organi preposti e nelle sedi consone (anche se ad onor del vero dal 24 febbraio scorso esiste un tavolo ancora aperto presso il Ministero della Salute per ascoltare i vari attori sulla questione), né dai mezzi di comunicazione che solitamente danno grande eco a certe notizie, ma che in questo caso stranamente continuano a preferire un assordante silenzio, che chissà magari è anche migliore delle falsità pubblicate generalmente o della superficialità con cui sono soliti trattare molti fatti di cronaca.
In ogni caso la questione interessa da vicino sia i medici veterinari che i proprietari di animali da compagnia, poiché secondo le nuove normative (parliamo del D.L. n.193 del 6 aprile 2006 che recepisce la direttiva 2004/28/CE e che è stato ulteriormente corretto ed integrato con le modifiche apportate dal D.L. n.143 del 24 luglio 2007), soprattutto se interpretate e applicate in senso pedissequamente restrittivo e miope, si profilano degli ostacoli insormontabili nell'attuazione in scienza e coscienza di interventi terapeutici e nella gestione pratica di numerose patologie.
Ma lascio la parola a Corrado che nella stesura del suo articolo focalizza e chiarisce quali sono queste problematiche in maniera egregia, proponendo una condivisibile interpretazione:

"Sostanzialmente se sono un veterinario e devo curare un animale, se voglio curare un animale e non c'è il farmaco veterinario, uso quello umano. Soprattutto se si tratta di animali che non vengono mangiati. Non ci vedo nessun male. Solo che alcune leggi italiane vietano questo uso, e sono state comminate sanzioni di migliaia di euro a veterinari di animali da compagnia per tale motivo. Animali da compagnia. Cani e gatti.
Notare bene, molto spesso il problema è di reperibilità: il farmacista non ha il farmaco veterinario, mentre quello uso umano è molto più disponibile, anche capillarmente. Altre volte il farmaco umano funziona meglio di quello veterinario, o di una sua alternativa. Altre volte, a pari composizione, costa meno.
AISA, la potente associazione di categoria (si definisce Associazione Italiana della Salute Animale, con termini eufemistici) dei produttori di medicinali veterinari, associata a Federchimica e Confindustria, non è d'accordo, e fin qui comprensibile. AISA usa argomenti tecnicamente molto labili, come la tollerabilità dei farmaci specifici, e rifiuta l'argomento dei maggiori costi. Insomma, se una penicillina uso veterinario costa 10 e lo stesso farmaco uso umano costa 5, per AISA va bene così. Le motivazioni tecniche affermate sono molto discutibili."
E' sulla scorta di queste premesse che si collocano due petizioni, promosse da alcune associazioni professionali e culturali indipendenti, quali ASSOVET ed UNISVET, di cui una in particolare (quella promossa da ASSOVET) ho voluto appoggiarla personalmente, firmandola e pubblicizzandola anche qui (vedi banner sulla colonna di destra di questo blog).
"Capitano a questo punto delle cose strane:
- la FNOVI, con un durissimo comunicato, si dissocia dalla petizione. Non si capisce nemmeno perchè un tale scostamento. Non si capisce tra l'altro chi avrebbe inviato "richieste di informazioni e chiarimenti"
- anche ANMVI emette analogo simile comunicato
- le industrie farmaceutiche associate ad AISA, che per sua ammissione "da sempre.. è stata un partner costante e credibile di tutte le Associazioni culturali veterinarie, supportandone i progetti di crescita professionale", insomma, da sempre ha sponsorizzato le società culturali, tirando fuori soldi, ebbene, queste aziende ritirano le sponsorizzazioni ad Assovet (e ad Unisvet, società culturale indipendente), con motivazioni economiche.
Concomitanza quantomeno sospetta, ma legittima pure questa.- viene indetta una riunione, il consueto tavolo di lavoro, al ministero, a cui si dà ampia ed inconsueta visibilità.
Soprattutto, AISA invia una lettera dove ci dà di sciabolate contro la petizione Assovet, ma soprattutto ricorda che da sempre la loro associazione ha supportato i progetti di crescita di TUTTE le associazioni culturali. Traduzione: da sempre abbiamo dato dei soldi alle associazioni. Inoltre ritira le proprie sponsorizzazioni ad Assovet.
Non mi interessa l'ottima risposta tecnica, che Massimo Raviola, Presidente Assovet, dà molto bene e correttamente. O quella altrettanto corretta di Andrea Dorcaratto, Presidente Unisvet.
Mi preoccupa invece questa spropositata reazione sinergica di AISA, Ministero, ANMVI, attorno ad una posizione lobbistica. Per cui vorrei farne un'analisi diversa.
ANMVI, che ricordo è un'azienda privata, legittimamente e anche in modo trasparente, dice perché si dissocia. Sostanzialmente dice "noi stiamo lottando per far sì che il veterinario venda i farmaci veterinari nel suo ambulatorio, quindi sarebbe darsi la zappa sui piedi. Il farmaco umano, anche in tale ipotesi, lo venderebbero i farmacisti, mica noi". Per carità, magari le associazioni dei consumatori sono contro, ma problema loro. Personalmente penso che un progetto del genere dovrebbe essere portato avanti più limpidamente, ma parere personale.
Anche AISA è a suo modo trasparente, e anche lei pure legittimamente.
Non è propriamente raffinata, o culturalmente avanzata, ma questo non è un reato.
Ma preoccupa la reazione FNOVI. Perchè? Che senso ha una dissociazione simile? In fondo Assovet chiede una cosa molto etica ed assolutamente trasparente. Io mi dissocerei piuttosto da AISA, che nella lettera parla delle Società culturali, ma sappiamo che la pubblicità del farmaco ha un suo peso anche sulla rivista FNOVI.
E al Ministero che ne dicono? Non dimentichiamo che stiamo parlando di quel Ministero dove scoppiò, proprio per la decisione su quali farmaci si potevano usare, in umana, e sul loro prezzo, il più grande, vergognoso scandalo della gestione del farmaco, quello di Duilio Poggiolini, funzionario ministeriale che imbottiva i divani di soldi.
Parliamo di industrie del farmaco, il cui Direttore Generale, Enrica Giorgetti, è la moglie del ministro del welfare. Parliamo dell'ambiente dove nascono scandali a gogo, quello della Salute. Dobbiamo avere dubbi solo sul comparto umano? Non sembra anche a voi che occorra trasparenza?
In particolare, vorremmo conoscere i rapporti economici di AISA con TUTTE le istituzioni veterinarie. Sapere se e chi e quanto e perchè viene pagato.
E la FNOVI, non si sente in imbarazzo a difendere l'ECM, su cui ci sono interessi fortissimi di quelle società culturali che poi ricevono i soldi di AISA?
Secondo me ce ne sarebbe abbastanza da almeno avviarci un'inchiesta. Si possono ipotizzare manovre anticoncorrenziali, tentativi di cartello, tutte cose proibite dalla legge. E' dovere di tutti chiarire questi dubbi e la loro posizione. Sarebbe dovere dello Stato controllare che nessuno cerchi di fare il furbo, sia pure sulle spalle dei proprietari di animali, che alla fine pagano loro. E qualche volta anche sulla pelle degli animali, in questo caso.
Quante leggi sul farmaco veterinario sono condizionate dalla lobby farmaceutica e quanto da effettive necessità? Possibile che ci sia questa grande sinergia su una parte tutto sommato minima della questione farmaco veterinario e che nessuno si occupi invece del farmaco in nero, la vera questione preoccupante? Perché una reazione simile? Esiste forse un sistema di condizionamento, di cartello, che ha infiltrato le aree di contiguità?
Io propongo che la petizione venga allargata a questi concetti. Vogliamo sapere quanto viene versato dalle ditte del farmaco ad istituzioni e associazioni. Vogliamo trasparenza
Senza trasparenza cambieremmo un effetto ma non la causa. E questo è il malanno italiano. La mancanza di trasparenza. E' per questa che ci battiamo."
Spero che dopo aver letto questo articolo anche voi abbiate voglia di firmare e far firmare la petizione in questione, affinché si acquisisca peso e si diventi una forza contrattuale importante per poter trattare alle nostre condizioni e non a quelle imposte da AISA.