sabato 28 giugno 2008

Caldo e afa: precauzioni per cani e gatti

Il caldo quando raggiunge livelli record come in questi giorni e soprattutto se associato ad un elevato tasso di umidità ambientale, diventa fastidioso ed insopportabile non solo per l'uomo, ma anche e a maggior ragione per i nostri amici a quattro zampe.
E se gli effetti dell'afa non risparmiano nessuno dei 14,5 milioni di cani e gatti 'censiti' in Italia, a rischiare i problemi maggiori sono gli animali già anziani e magari anche obesi, una situazione purtroppo sempre più diffusa da riscontrarsi nelle nostre case.

Inoltre ricordiamo che esistono razze brachicefale (bulldog, shi-tzu, carlini, pechinesi, dogue de bordeaux, boxer, ecc. tra i cani e il persiano tra tutti, per quanto riguarda i gatti) particolarmente predisposte, per la particolare conformazione delle canne nasali, a patire fortemente le condizioni climatiche di un'estate caldo-afosa.
Tra i comandamenti a misura di 'pet' sotto il sole ci sono ovviamente in primo luogo le istruzioni estive per le passeggiate ai giardini e i soggiorni al mare, che in sintesi sono principalmente due:
-Evitare parchi e spiagge nelle ore più calde (quando la temperatura sale oltre i 25°C)
-Preferire il primo mattino e la frescura del crepuscolo.

Secondo gli ultimi dati Eurispes, nelle case degli italiani vivono 7,5 milioni di gatti e 7 milioni di cani. E recenti indagini indicano che il 43% dei gatti e il 45% dei cani hanno ormai superato i 7 anni d'età, e che oltre 550 mila gatti e almeno 700 mila cani soffrono di patologie tipiche della vecchiaia: insufficienza renale cronica per i primi e scompenso cardiaco per i secondi.
Malattie che con il caldo possono peggiorare: perché la stagione calda e' la peggiore in assoluto per un animale malato.
Ma lo è ancor di più per un animale appesantito da qualche chilo di troppo o addirittura obeso: soprattutto in questi casi quindi, l'attenzione ad evitare colpi di calore deve essere altissima. Anche in estate, insomma, voler bene al proprio animale significa garantirgli tutte le cure di cui può avere bisogno. In altre parole, non bisogna trascurare i check-up regolari dal veterinario, che invece gli italiani tendono purtroppo a dimenticare.

Dagli stessi dati Eurispes, risulta infatti che ben il 14% dei proprietari italiani non fa mai visitare il suo cane o il suo gatto! E addirittura da calcoli effettuati dall'Anmvi sembra che il 75% dei padroni non sottoponga affatto il proprio 'pet' a controlli regolari dallo specialista di fiducia.
Prevenzione a parte in estate la prima regola è ricordare che gli animali soffrono il caldo proprio come noi, con l'aggravante che, al contrario di noi, non sono dotati di ghiandole sudoripare diffuse a tutto il corpo, e pertanto non sudando, se non in zone limitate (come i polpastrelli) non sono in grado di disperdere efficacemente il calore corporeo, in quanto i meccanismi come la polipnea (respirazione a bocca aperta per facilitare la traspirazione tramite la lingua) sono del tutto insufficienti quando le temperature esterne raggiungono valori superiori ai 30°C.
Per limitare i rischi connessi a tali caratteristiche fisiologiche, dunque, è fondamentale lasciare sempre a disposizione di cani e gatti dell'acqua fresca alla quale possano attingere all'occorrenza per reidratarsi.

Inoltre sarebbe opportuno, quando le temperature esterne raggiungono valori elevati, bagnare di tanto in tanto il loro mantello con dell'acqua, che svolga, evaporando, la stessa utile funzione di dispersione termica del nostro sudore.
Secondo poi cani e gatti non vanno mai lasciati in un ambiente chiuso: in questa stagione, la cosa peggiore che si possa fare ad un animale è proprio lasciarlo 'parcheggiato' in auto!
Anche se si tiene il finestrino un po' abbassato infatti, l'abitacolo si trasforma inevitabilmente in una 'camera a gas', sviluppando temperature vicine ai 50°C ed oltre, per cui l'animale rischia colpi di calore letali, potendo subentrare ipertermia maligna ed edema polmonare, in grado di portare rapidamente a morte l'animale.
Terza regola: non portare i cani in spiaggia o al parco nelle ore più calde della giornata.
Quarto imperativo, infine, che poi è lo stesso che si raccomanda a noi esseri umani, "adottare una dieta 'light', proprio per non affaticare ulteriormente l'organismo con elaborati processi digestivi.
Un consiglio valido per tutti gli animali, ad eccezione ovviamente di quelli che lavorano come cani poliziotto o nelle cordate di soccorso anti-valanga, laddove è indispensabile fornire le giuste calorie per il lavoro svolto.

E anche se, rispetto al cane, il gatto sembra più enigmatico ed autonomo, e soprattutto meno plateale nelle sue manifestazioni di disagio, non bisogna mai farsi ingannare dalle apparenze: è vero infatti che esso soffre meno il caldo perché è più piccolo e solitamente resta protetto tra le mura domestiche.
Ma anche lui in certe condizioni può patire il solleone e rischiare di conseguenza il colpo di calore.
Vediamo ora come riconoscere i sintomi di questa terribile situazione ed eventualmente come prestare le prime cure in attesa dell'intervento del veterinario.

I sintomi sono rappresentati principalmente da un respiro molto rapido o difficoltoso, a volte da vomito e/o diarrea, sempre da un' elevata temperatura corporea (41°-42°C!), difficoltà a camminare, mucose congeste, depressione del sensorio ed infine crisi convulsive e collasso (nello stadio avanzato).
Le prime operazioni da fare sono di collocare l'animale in una vasca d’acqua fredda o, in mancanza di questa, bagnarlo delicatamente con un tubo da giardinaggio, quindi avvolgerlo in un telo fresco e bagnato.
In aggiunta, si possono applicare degli impacchi freddi sulla testa, fra le ascelle, nell’inguine e sull’addome. Fate attenzione però, perché un raffreddamento troppo rapido può indurre una DIC (coagulazione intravasale disseminata) altrettanto letale.
La prassi corretta è di monitorare durante queste operazioni l'andamento della temperatura corporea, fermandosi quando questa raggiunge i 39,5-40°C (la temperatura corporea normale nei nostri animali è compresa tra i 38° e i 39°C).

E comunque ovviamente bisogna recarsi in tutta fretta dal veterinario più vicino, in modo tale che questi possa continuare ad assistere e tenere sotto controllo lo stato di salute della povera vittima del colpo di calore, tramite esami del sangue e delle urine, escludendo ulteriori rischi per la sua vita.
Ricordiamo infatti che l’esito dipende dalla rapidità dell’intervento e dalla velocità con cui la sindrome viene riconosciuta, e poiché l’ipertermia colpisce diversi apparati, per sciogliere definitivamente la prognosi occorre attendere parecchi giorni.

venerdì 20 giugno 2008

La responsabilità di possedere un cane

Il titolo del post di oggi si ispira al capitolo di un bellissimo libro, opera notevole nel panorama della cinologia, corredata da splendide fotografie e edita in un'elegante veste grafica, scritta dalla collega di Milano, giudice ufficiale ENCI nonché esperta in comportamento, Barbara Gallicchio, dal titolo "Lupi travestiti: le origini biologiche del cane domestico" (edizioni cinque) e che consiglio di leggere a chiunque ami questo animale e ne voglia sapere di più.

Riporto queste righe tratte dal libro suddetto proprio per riflettere sul fatto che il cane non è un giocattolo e merita davvero più rispetto e attenzione per tutto ciò che rappresenta quest'animale in rapporto all'uomo, per l'importanza che abbiamo avuto e ancor di più abbiamo oggi nella storia dell'evoluzione di questa specie, e per tutte le infinite potenzialità che possono scaturire dal reciproco darsi, tipico di due specie sociali come siamo entrambi.

Abbiamo fatto in modo che il cane dipendesse da noi in tutto, di conseguenza ne abbiamo assunto la completa responsabilità: di questo dobbiamo farcene una ragione.
Responsabilità che riguarda il cane stesso e il resto dell’ambiente che ci circonda.
Chiunque decida di prendere un cane dovrebbe aver seriamente considerato che sta per portarsi a casa una creatura bisognosa di tutto, ma soprattutto di contatto sociale.
Non importa quanto grande sia lo spazio che lo ospiterà, né quanto di qualità sia il cibo quotidiano, se il destino del cane è di restare “abbandonato” da solo 24 ore su 24 (tolti forse i 10 minuti il mattino e 10 alla sera) la situazione sarà socialmente inaccettabile per la sua psiche.

Chi non può passare diverse ore al giorno con il cane, deve procurare una fonte di legami affettivi e compagnia sotto forma di un altro cane. In questo modo, la necessità di un “branco” sarà soddisfatta e la salute mentale dei due animali garantita.
L’integrazione con il gruppo familiare umano, è ovvio, necessiterà di un certo tempo, trascorso insieme comunque, ma perché prendersi dei cani se non si trae piacere dallo stare con loro?
Nonostante l’amore di cui sono fatti oggetto da parte dei moltissimi cinofili, i cani restano la specie domestica più soggetta a torture e maltrattamenti. Per maltrattamenti si intenda anche la vita trascorsa legati ad una corta catena, con poco cibo e niente affetto, per torture si ricordi anche la lunga , lugubre storia della “sperimentazione medica”, per molto tempo condotta perfino senza anestesia!

Infine, ma non ultimo per importanza, il problema dell’abbandono; migliaia di poveri cani gettati dalle automobili che muoiono sulle strade ogni anno (sovente coinvolgendo negli incidenti conseguenti anche persone).
Ma i cani non serbano rancore: quelli che scampano alla morte subito cercano un nuovo padrone a cui essere devoti, per ricominciare.
Anche i bambini possono essere crudeli, a volte, e maltrattare gli animali, ma , normalmente, fra i cani e i bambini si crea un legame molto forte, da cui entrambi traggono giovamento.

Nei bimbi si è notato un incremento della sicurezza in se stessi ed un generale atteggiamento positivo.
Ciononostante, la decisione di prendere un cane in casa “ per il bambino” deve sempre combinarsi con una coscienziosa assunzione di responsabilità da parte dell’intera famiglia; non è così ovvio, infatti, che l’animale non può essere considerato un giocattolo a tempo determinato di cui liberarsi quando si rende troppo ingombrante: i negozi sono pieni di peluches, atti allo scopo!
Tutte le attività e le cure necessarie per il benessere dell’animale dovrebbero essere vissute come interazioni piacevoli e non come obblighi.

La cura dell’alimentazione, della salute, del mantello, l’educazione e il tempo da trascorrere all’aperto per passeggiare e giocare, fa tutto parte della gioia di vivere con un cane.
L’alimentazione dovrà essere bilanciata e nella giusta quantità; oggigiorno abbiamo molti cani sovrappeso o addirittura obesi sia perché mangiano troppo sia perché si muovono troppo poco.
Le cure sanitarie richiedono periodiche visite veterinarie, vaccinazioni di routine e trattamenti antiparassitari utili per l’animale stesso e per la salute pubblica.
La cura del mantello parte dal presupposto che ognuno scelga il tipo di pelo che si sente di poter accudire, in modo che il cane sia tenuto ragionevolmente pulito.

Un Levriero Afgano dovrà essere lavato e spazzolato al più tardi ogni 15 giorni, mentre un Dobermann ha bisogno solo di una buona passata col guanto.
Ogni cane dovrebbe essere educato e socializzato, soprattutto se vive in città.
L’educazione di base è costituita dalla capacità di andare al guinzaglio, di rispondere a semplici comandi quali “Vieni”, “Seduto”, e “ Fermo”, e di non rendersi pericoloso per le persone e per gli altri animali.
Un cane educato è un cane felice, perché i proprietari potranno portarselo dappertutto, senza timore di infastidire nessuno.
Un cane che al ristorante cerca di salire sui tavoli non potrà esservi condotto.

E’ anche indispensabile che il cane sia socializzato con i bambini (che sono le prime vittime dei morsi perché non riconoscono la mimica di minaccia e perché si avvicinano irrispettosi del tentativo dell’animale di sottrarsi al contatto fisico) o, qualora fosse impossibile renderlo socievole, dovrà essere tenuto sotto controllo mediante guinzaglio ed eventualmente museruola. Il cane ha armi potenzialmente letali, nella sua bocca; anche se siamo sicuri delle sue risposte verso gli sconosciuti è nostro dovere controllarlo sempre da vicino, quando viene toccato da terzi e non permettere a bambini non familiari di avvicinargli il viso alla testa.

Qualche volta i cani uccidono persone.
Quando mi chiedono spiegazioni riguardo tali episodi, rispondo sempre che i cani sono lupi travestiti, equipaggiati per uccidere, anche se ce lo dimentichiamo.
Di solito sono coinvolti più animali in un’aggressione di gruppo, nella quale possono perdere il controllo.
D’altro canto, quanti casi ci sono ogni anno di persone che uccidono altre persone?
Persino genitori che uccidono i loro figli. Migliaia.
Mentre gli umani uccisi dai cani in un anno in tutti gli Stati Uniti sono non più di venti e in tutto il mondo non arrivano al doppio.
E’ vero, tuttavia che le aggressioni non mortali sono assai più numerose ed i semplici morsi toccano l’1% della popolazione.

E’ vero anche che le razze “da presa”, come i Pit bull ed i Rottweiler, sono in continua crescita numerica. Questi cani hanno riflessi molto sviluppati di difesa attiva, pertanto devono essere tenuti da persone esperte e molto responsabili.
Purtroppo spesso non è così e gli stessi proprietari temono le reazioni dei propri animali, pertanto non sono sufficientemente pronti ad intervenire in caso di aggressione oppure lasciano i cani incustoditi!

La proposta di obbligare chi desidera acquistare cani potenzialmente inclini alla lotta ad ottenere un “patentino”, una specie di licenza da rilasciare a chi abbia seguito un corso educativo, così come sta avvenendo in Francia, forse potrebbe rivelarsi una buona, anche se non facile, soluzione; dopotutto viviamo in un mondo violento e molti vogliono avere il diritto di sentirsi protetti e le razze da difesa personale sono in questo insuperabili.
Un’altra responsabilità riguarda la salute pubblica: è un dovere rimuovere le feci ogni volta che è possibile e tenere gli animali liberi da parassiti interni ed esterni, con l’uso di prodotti appositi.

Un capitolo a parte meriterebbe poi il discorso degli allevatori, i quali, in quanto tali, hanno una duplice responsabilità: quella verso gli animali che mettono al mondo e quella nei confronti degli acquirenti di detti animali.
E’ loro dovere infatti allevare cani sani e di buon carattere, con cui le persone possano vivere felicemente.
Poiché in generale “il simile genera il simile”, tale fine può esser raggiunto mettendo in riproduzione solo soggetti con le qualità desiderate.
Essi hanno anche la responsabilità, verso i loro cuccioli, di affidarli a persone equilibrate e positive.
Non ci vuole molto a capire se il potenziale acquirente ha un giusto atteggiamento e se il tipo di sistemazione che può offrire è consono all’animale.
Infine noi tutti abbiamo un’enorme responsabilità nei confronti del lupo.

Questa specie, cui dobbiamo così tanto, è stata così tanto perseguitata da esser fatta oggetto di stragi.
Tuttora, in diversi paesi, è considerato animale da pelliccia cacciabile.
Dobbiamo a tutti i costi salvare la popolazione residua, anche per il futuro del cane stesso, che un domani non troppo lontano potrebbe aver bisogno di ricorrere al sangue del padre per salvarsi dal deperimento genetico.

martedì 17 giugno 2008

Il tipo uraniano

Molti detrattori dell'astrologia moderna hanno usato l'argomento secondo il quale i pianeti oltre Saturno, scoperti negli ultimi 3 secoli (Urano nel 1781, Nettuno nel 1846 e Plutone nel 1930), essendo sconosciuti alla tradizione tolemaica, fossero, per questo motivo, di importanza ridotta rispetto ai precedenti o al massimo importanti soltanto a livello generazionale, anche perché troppo lontani dalla terra per esercitare un influsso sulla vita del singolo.
Ebbene come vedremo tra poco e come confermano le osservazioni sperimentali, i pianeti lenti, hanno invece senza ombra di dubbio, non solo una influenza generazionale; ma agiscono altresì anche direttamente sull'individuo in modo molto preciso.

Dopo questa premessa indispensabile per capire quanti concetti errati dominino ancora tra gli stessi astrologi riguardo i pianeti transaturnini, veniamo a parlare dunque all'argomento del post di oggi.
Il tipo uraniano potrebbe essere descritto, riassumendo, come attivo, pratico anzi pragmatico.
La corrispondenza di questo pianeta con le mani fa si che la sua simbologia si esprima nella gioia di lavorare e di produrre.
Le mani furono senz'altro un evento così sconvolgente nella storia dell'evoluzione che l'usarle si presentò sicuramente, specie all'inizio, come un'esperienza stupenda.
Ricordiamoci che le mani (assieme alla facoltà di parola) sono le uniche caratteristiche accertabili, grazie al cui sviluppo, l'uomo si distingue dagli altri animali.

Sebbene un versetto della Bibbia definisca il lavoro come punizione e condanna, a moltissima gente lavorare piace, mentre l'ozio, sia pure desiderato in teoria, può rivelarsi poi avvelenato dalla nube tossica della noia.
Al tipo uraniano, dunque è congeniale la vita attiva; ma stabilita questa premessa di carattere generale dobbiamo passare alla distinzione tra le solite tre differenti tipologie ulteriori che corrispondono alle tre diverse sedi (i due domicili: Aquario e Capricorno e l'esaltazione in Vergine) del pianeta.

Anche in questo caso esiste una sfumatura tipologica (quella aquariana) che ha fagocitato molto più delle altre l'attenzione degli astrologi, alimentando le molte leggende illusorie circa il mito fasullo dell'età dell'Aquario che hanno deformato in parte la definizione del pianeta.
Non è vero infatti che Urano sia "progressista", come troppo spesso si sente ripetere.
La vera natura di Urano sta nel saper cogliere le buone occasioni, e nell'essere in grado di valutare con prontezza l'evolversi delle situazioni.
Se queste si sviluppano in direzione progressista Urano sarà progressista, se invece si sviluppano in direzione reazionaria, Urano sarà reazionario.
In poche parole è l'opportunismo a guidare l'azione dell'uraniano.

Vediamo dunque di esaminare la prima tipologia che è quella dell'uraniano-Aquario.
Il segno dell'Aquario, schematicamente opposto al Leone, tende a contrastare molti elementi dell'immobilismo solar-patriarcale, e quando Urano si trova effettivamente nell'Aquario (o nella cosignificante Casa undicesima oppure crea aspetti con Saturno e Nettuno) appoggia tale contestazione rendendola efficace e offrendo i mezzi per realizzarsi concretamente; ma ciò non significa assolutamente che il pianeta sia rivoluzionario.

Non saranno rivoluzionari e progressisti nemmeno tutti coloro che abbiano nel loro tema forti valori Aquario sommati a una buona posizione di Urano, perché nella maggioranza dei casi le spinte idealistiche rimangono in sottordine e tende a prevalere l'opportunismo.
Questa parola è spesso usata con disprezzo, e ingiustamente. Non è detto però che l'opportunista sia sempre e soltanto una persona che sfrutta gli altri; lo potremmo definire invece un realista che sa gestire molto bene se stesso e le proprie possibilità.
In fondo l'opportunismo non è altro che una felicissima scelta dei tempi per sgusciare tra le circostanze avverse e approfittare di quelle favorevoli.

Un uraniano-Aquario di solito non perde tempo illudendosi di diventare un pittore, un poeta o un capo di Stato quando invece le circostanze della vita gli propongono di far fortuna come agente di cambio, come gestore di una piccola industria o anche come ben ricompensato capoufficio.
Misura le proprie ambizioni sul metro delle proprie capacità reali, e, a ben riflettere, questo è un dono raro al giorno d'oggi.
E' ovvio che non ci si può attendere da una persona simile gesti di grande generosità così come non ce li si può attendere nemmeno dai nativi dell'Aquario.
Il loro sano realismo, la loro lucida percezione dell'utile e dell'inutile sono un forte deterrente degli slanci gratuiti, caratteristici invece del Leone.
Una conferma molto interessante della vera natura di Urano ci viene dall'analisi delle sue altre tipologie: la capricornica e la verginea.

L'Urano-Capricorno perde l'appoggio di Nettuno, che lo fiancheggia in Aquario, e acquista quello di Marte.
E' dunque meno duttile e più duro, meno diplomatico e più accanito nella realizzazione dei suoi scopi, che mirano soprattutto all'indipendenza e al successo.
Successo ed indipendenza che vengono visti come una costruzione personale, un edificio eretto pietra su pietra da un'attività instancabile, che sfrutta le condizioni di inferiorità e la debolezza altrui.
Chi abbia Urano in Capricorno, o in decima Casa, o abbia nel proprio tema natale forti valori Capricorno sostenuti da un bell'Urano magari in aspetto con Marte e/o Saturno, sarà un grande programmatore e saprà organizzare la propria ascesa personale secondo uno schema che non concede spazio alle debolezze.

Esiste però un rischio, ed è quello dell'insaziabilità.
La bontà dei risultati ottenuti con la sapiente pianificazione ora descritta spinge spesso l'uraniano-capricornico a volere di più, sempre di più e con qualsiasi mezzo.
La violenza di Marte insinua nella visione realistica della vita una sfumatura aggressiva che, invece di valutare serenamente le circostanze, è indotta a provocarle in una sorta di sfida che appare l'unico strumento stimolante per il carattere.
L'appoggio di un buon Saturno nel tema è di solito indispensabile per riequilibrare la situazione sotto il peso della razionalità: in mancanza di tale appoggio, l'uraniano capricornico può a volte rivelarsi stranamente velleitario, il che è in contraddizione con la natura del Capricorno stesso, e dunque fonte di frustrazioni.

Ma la tipologia più forte e illuminante per l'analisi astrologica è quella dell'uraniano-Vergine.
Urano, che simboleggia le mani, trova un perfetto terreno di espressione nella Vergine che simboleggia il lavoro manuale in particolare, e le attitudini al lavoro di qualsiasi tipo in generale. Nonché quella manifestazione puramente uraniana che è la tecnica con i suoi prodotti, ovvero le invenzioni, frutto dell'ingegno misto all'attenzione pratica, entrambi doti tipiche del pianeta.

Tra l'altro la conservazione del raccolto, che corrisponde al periodo stagionale del segno, deve valersi di una serie di accorgimenti che richiedono appunto abilità, attenzione e un occhio costantemente fissato sul dettaglio.
La notissima pignoleria della Vergine è il prodotto dell'associazione tra Urano e Mercurio, mentre la tendenza a conservare tutto quanto è stato prodotto in precedenza, nasce dall'associazione tra Urano e il pianeta Y (12° ed ultimo pianeta del nostro sistema solare, ipotizzato da Lisa Morpurgo, ancora da scoprire), signore del tempo lento, da cui dipendono anche le tendenze oltremodo reazionarie della Vergine stessa.

E' proprio qui che l'ipotesi di un Urano progressista viene a cadere, poiché Urano tende a concretizzare praticamente tutto ciò che il segno gli propone e non esita a passare dai tipici atteggiamenti ribelli dell'Aquario a quelli conservatori o nettamente reazionari della Vergine.
L'uraniano vergineo è tendenzialmente un lavoratore instancabile e tale comportamento sarà dettato sia dalla presenza di Urano in Vergine (come si verificò nei nati degli anni '60 in cui il pianeta si avvalse del fortissimo appoggio di Plutone), sia dalla presenza di Urano in Casa sesta, sia da forti valori Vergine nel tema natale.
A questo proposito è interessante notare come un Vergine o un Ascendente Vergine, con Urano leso nel tema, avvertirà ugualmente la necessità di lavorare, magari lagnandosene ma senza mai poterne fare a meno.

Non possiamo escludere da questa carrellata sui tipi uraniani chi abbia Urano in Casa prima, indipendentemente dal segno occupato.
Tali persone perdono buona parte del protagonismo suggerito dalla Casa in favore del desiderio di realizzarsi concretamente e insomma, si preoccupano di ciò che fanno più dell'immagine offerta di sé agli altri.
Preferiscono essere ammirati per ciò che realizzano anziché per le loro qualità fisiche o morali.

E ciò avviene anche quando il pianeta occupi segni per altri versi poco congeniali o addirittura pigri come il Cancro o i Pesci.
Prendiamo dunque atto, al di là di ogni pregiudizio ideologico, dell'esistenza di questi tipi umani attivi, concreti, opportunisti si; ma anche efficientissimi e dunque indispensabili per realizzare quanto è tecnicamente necessario alla vita.

domenica 15 giugno 2008

Prime conseguenze tangibili della Legge n°189/2004

In continuità col precedente post vorrei approfondire i primi casi di applicazione della legge contro il maltrattamento degli animali (189/2004) varata 4 anni orsono, di cui avevo già accennato nel post "Gli animali e la Legge".
Faccio presente che i tre casi citati sono stati riportati dal quotidiano ANMVI on line.

MALTRATTAMENTO NON SOLO PER IL SENSO COMUNE
“E’ reato di maltrattamento, anche nella formulazione novellata, non soltanto quei comportamenti che offendono il comune sentimento di pietà e mitezza verso gli animali destando ripugnanza per la loro aperta crudeltà, ma anche quelle condotte che incidono sulla sensibilità dell'animale, producendo un dolore".
E’ quanto sentenzia la Cassazione, intervenendo su un caso di maltrattamento in un canile in provincia di Massa Carrara risalente al 2006, quando il Tribunale aveva riconosciuto colpevole il titolare gestore della struttura, perché “sottoponeva a maltrattamenti i cani ivi custoditi con modalità di allevamento particolarmente dolorose”.

L’interessato aveva fatto ricorso, ma la Cassazione ha confermato all’inizio di novembre tutti gli estremi di reato ai sensi del Codice Penale, riservandosi anche di commentare: “è davvero incomprensibile come il ricorrente possa sostenere che sia mancata, da parte del giudice di merito, la sofferenza inferta agli animali”.
Il titolare del canile si era difeso sostenendo fra l’altro la “non ravvisabilità dell’elemento psicologico del reato”, una tesi rigettata dalla Corte, che ha ritenuto invece di basarsi sulla documentazione prodotta a suo tempo dai Carabinieri e dalla veterinaria nominata CTU, documentazione che provava “maltrattamenti di tipo ambientale, igienico e alimentare” e concludeva che il canile era “nient’altro che un ghetto per animali sfortunati imprigionati in uno stato di penosa sopravvivenza”.
La condanna della Corte è stata di 1000 euro più il pagamento delle spese processuali.

IL COLLARE ANTIABBAIO E' MALTRATTAMENTO
Con la sentenza n.15061, sezione terza penale, la Corte di Cassazione ha confermato il sequestro preventivo - ordinato dal Gip del Tribunale di Vicenza - del cane meticcio della signora G.S. di Carrè (Vicenza), indagata in relazione ai reati di cui all’art. 544-ter del Codice penale (maltrattamento di animali, punito con la reclusione fino a un anno o con multa fino a 15.000 euro) perché maltrattava il proprio cane meticcio abusando del collare coercitivo di tipo elettrico antiabbaio apposto sul collo dell'animale.
La Suprema Corte ha rigettato i due motivi del ricorso della Signora condannandola al pagamento delle spese processuali. Nella sentenza si legge che: “L'uso del collare antiabbaio, a prescindere dalla specifica Ordinanza ministeriale e dalla sua efficacia, (il riferimento è all’ordinanza del 5 luglio 2005 con la quale il Ministero della Salute aveva previsto che l'uso del collare elettrico e di analogo strumento che provocasse effetti di dolore sui cani rientrasse nella disciplina sanzionatoria prevista dall'articolo 727 del Codice penale) rientra nella previsione del Codice penale che vieta il maltrattamento degli animali e nel caso in esame il referto medico del veterinario richiamato nella richiesta di sequestro preventivo attestava lo stato di sofferenza dell'animale.

In proposito questa Corte ha precisato che costituisce incrudelimento senza necessità nei confronti di animali, suscettibile di dare luogo quanto meno al reato di cui all'articolo 727 C.P. ogni comportamento produttivo nell'animale di sofferenze che non trovino giustificazione nell'insuperabile esigenza di tutela non altrimenti realizzabile di valori giuridicamente apprezzabili, ancorché non limitati a quelli primari cui si riferisce l'articolo 54 C.P. (stato di necessità), rimanendo quindi esclusa detta giustificazione quando si tratti soltanto della convenienza ed opportunità di reprimere comportamenti eventualmente molesti dell'animale che possano trovare adeguata correzione in trattamenti educativi etologicamente informati e quindi privi di ogni forma di violenza o accanimento (v. per tutte Cassazione, Sezione terza, sentenza 43230/02).”
Inoltre la sentenza ha confermato la legittimità del sequestro preventivo del cane: “(…)
La ricorrente è stata originariamente indagata in ordine al delitto di maltrattamento di animali (articolo 544-ter del Codice penale) che, ai sensi dell'articolo 544 sexies del Codice penale, prevede la confisca obbligatoria dell'animale in caso di condanna.
Peraltro, anche se il Tribunale per il riesame, nella parte motiva, ha richiamato soltanto l'articolo 727 del Codice penale, ipotesi contravvenzionale, ha comunque ritenuto che il collare in questione, di tipo elettrico, è un congegno che causa al cane un'inutile e sadica sofferenza, rendendolo aggressivo nei confronti di chiunque ed ha confermato il provvedimento del Gip. Pertanto, pur dovendo demandarsi al successivo giudizio di merito la definitiva qualificazione giuridica del fatto, deve comunque ritenersi legittimo il sequestro preventivo avente lo scopo di evitare il protrarsi di una situazione di inutile sofferenza dell'animale costituente reato.”(fonte: LAV)

CASSAZIONE: CANE IN AUTO AL SOLE E' REATO
Condannato per maltrattamento dal Tribunale di Udine, un proprietario che aveva lasciato il cane in auto al sole, si era difeso mostrando la documentazione fotografica che evidenziava che il cane ne era uscito in buone condizioni.
Ma la Corte di Cassazione, con la sentenza depositata ieri, ha confermato la condanna e l'ammenda di 1.200 euro non solo perché la testimonianza di un carabiniere diceva che il cane non stava affatto bene, ma anche perché la sofferenza dell'animale non è tale solo se produce conseguenze ma non consiste "nei soli patimenti": anche se non c'è la volontà di infierire, la sofferenza di un animale è reato penale.
Il proprietario in questione si era recato al supermercato, lasciando il suo cane di taglia medio-piccola "chiuso all'interno dell'autovettura parcheggiata in pieno sole e con una temperatura esterna di circa 30 gradi e per circa un'ora".
I carabinieri sono riusciti ad aprire la portiera per far uscire l'animale, il quale aveva dato "segni visibili di disagio" ("cercava l'ombra tra i sedili anteriori e posteriori").
L'animale "appariva assetato" tanto "che "si rendeva necessario somministrare subito dell'acqua" per "un inizio di disidratazione".
Il quadro corrisponde a condizioni incompatibili con la natura animale ed è produttivo di gravi sofferenze, secondo concetti indicati nell'art. 727 c.p.
Per i giudici della Cassazione si tratta di "concetti diffusi e generalmente compresi nella collettività", sono cioè "entrati a far parte della sensibilità della comunità" sulle quali si è basato il legislatore nel formulare la Legge 20 Luglio 2004, n°189.

Tutto ciò ci testimonia che qualcosa sta finalmente cambiando e non solo nella sensibilità comune, ma per fortuna anche a livello di legislazione e regolamenti che hanno a che vedere col vivere civile.
E difatti pure l'abbandono di animali (espressamente regolamentato dalla legge 189) è diventato finalmente un vero e proprio reato per il quale si prevedono punizioni molto severe: ormai chiunque abbandoni il proprio cane sul ciglio della strada prima di partire per le vacanze, rischia di finire in carcere.
Insomma molti passi in avanti sono stati fatti, soprattutto in un paese come il nostro, ben lungi dall'evoluzione seguita da altri paesi europei dove già nel 1977 (a Londra) si era stesa la "Dichiarazione Universale dei diritti degli animali", poi proclamata il 15 ottobre 1978 presso la sede dell'UNESCO a Parigi, il cui testo, che riporto qui di seguito, fu redatto nel corso di numerose riunioni internazionali da personalità appartenenti al mondo scientifico, giuridico e filosofico e alle principali associazioni mondiali per la protezione animale, tra cui anche l'OIPA (Organizzazione Internazionale Protezione Animali) e la Lega Italiana per i Diritti dell'Animale (LIDA):

DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DEGLI ANIMALI (D.U.D.A.)

Preambolo
  • Considerato che ogni animale ha dei diritti;
  • considerato che il disconoscimento e il disprezzo di questi diritti hanno portato e continuano a portare l'uomo a commettere crimini contro la natura e contro gli animali;
  • considerato che il riconoscimento da parte della specie umana del diritto all'esistenza delle altre specie animali costituisce il fondamento della coesistenza delle specie nel mondo;
  • considerato che genocidi sono perpetrati dall'uomo e altri ancora se ne minacciano;
  • considerato che il rispetto degli animali da parte degli uomini è legato al rispetto degli uomini tra loro;
  • considerato che l'educazione deve insegnare sin dall'infanzia a osservare, comprendere, rispettare e amare gli animali.

Si proclama:

Art. 1 - Tutti gli animali nascono uguali davanti alla vita e hanno gli stessi diritti all'esistenza.
Art. 2 - a) Ogni animale ha diritto al rispetto; b) L'uomo, in quanto specie animale, non può attribuirsi il diritto di sterminare gli altri animali o di sfruttarli violando questo diritto. Egli ha il dovere di mettere le sue conoscenze al servizio degli animali; c) Ogni animale ha diritto alla considerazione, alle cure e alla protezione dell'uomo.
Art. 3 - Nessun animale dovrà essere sottoposto a maltrattamenti e ad atti crudeli; b) se la soppressione di un animale è necessaria, deve essere istantanea, senza dolore, né angoscia
Art. 4 - a) Ogni animale che appartiene a una specie selvaggia ha diritto a vivere libero nel suo ambiente naturale terrestre, aereo o acquatico e ha il diritto di riprodursi; b) Ogni privazione di libertà, anche se a fini educativi, è contraria a questo diritto.
Art. 5 - a) Ogni animale appartenente ad una specie che vive abitualmente nell'ambiente dell'uomo ha diritto di vivere e di crescere secondo il ritmo e nelle condizioni di vita e di libertà che sono proprie della sua specie; b) Ogni modifica di questo ritmo e di queste condizioni imposta dall'uomo a fini mercantili è contraria a questo diritto.
Art. 6 - a) Ogni animale che l'uomo ha scelto per compagno ha diritto ad una durata della vita conforme alla sua naturale longevità; b) L'abbandono di un animale è un atto crudele e degradante.
Art. 7 - Ogni animale che lavora ha diritto a ragionevoli limitazioni di durata e intensità di lavoro, ad un'alimentazione adeguata e al riposo.
Art. 8 - a) La sperimentazione animale che implica una sofferenza fisica o psichica è incompatibile con i diritti dell'animale sia che si tratti di una sperimentazione medica, scientifica, commerciale, sia di ogni altra forma di sperimentazione; b) Le tecniche sostitutive devono essere utilizzate e sviluppate.
Art. 9 - Nel caso che l'animale sia allevato per l'alimentazione deve essere nutrito, alloggiato, trasportato e ucciso senza che per lui ne risulti ansietà e dolore.
Art. 10 - a) Nessun animale deve essere usato per il divertimento dell'uomo; b) Le esibizioni di animali e gli spettacoli che utilizzano degli animali sono incompatibili con la dignità dell'animale.
Art. 11 - Ogni atto che comporti l'uccisione di un animale senza necessità è un biocidio, cioè un delitto contro la vita.
Art. 12 - Ogni atto che comporti l'uccisione di un gran numero di animali selvaggi è un genocidio, cioè un delitto contro la specie; b) L'inquinamento e la distruzione dell'ambiente naturale portano al genocidio.
Art. 13 - a) L'animale morto deve essere trattato con rispetto; b) Le scene di violenza di cui gli animali sono vittime devono essere proibite al cinema e alla televisione a meno che non abbiano come fine di mostrare un attentato ai diritti dell'animale.
Art. 14 - a) Le associazioni di protezione e di salvaguardia degli animali devono essere rappresentate a livello governativo; b) I diritti dell'animale devono essere difesi dalla legge come i diritti dell'uomo.

venerdì 13 giugno 2008

Biocentrismo o Antropocentrismo?

Oggi mi piacerebbe trattare un argomento al limite tra il filosofico e il teologico, ovvero la concezione che regna nella nostra cultura a preponderante matrice cattolica riguardo il rapporto uomo-animale.
E dato che la mia preparazione in termini religiosi per vari motivi è piuttosto carente attingerò ad un articolo di Franco Lamensa che ritengo molto ben fatto e che si rifà a diversi libri sull'argomento.
Dal momento che si tratta di un lavoro piuttosto articolato e complesso citerò degli estratti significativi, per dar modo di riflettere sull'importanza di tale problematica che ritengo essere molto vasta anche perché investe ben più ampi settori del vivere umano.
"Esiste un antropocentrismo laico, legato a logiche utilitaristiche e consumistiche intese solo alla massimizzazione dei profitti e del benessere immediato e materiale (si pensi alla vivisezione e agli allevamenti intensivi), oppure legato a particolari contesti culturali/filosofici in cui il primato dell’intelligenza umana comporta, come corollario, anche il diritto alla rapina, alla violenza, alla distruzione dei non-umani (si pensi alle gerarchie dell’intelletto di Aristotele o agli autòmata del razionalismo di Cartesio). Ed esiste un antropocentrismo religioso, che spesso costituisce il fondamento ideologico dell’antropocentrismo laico, ed è quello di chi parla di Dio come se si trattasse di un concetto a suo uso e consumo e intende l’azione creatrice come un dono esclusivo di Dio all’uomo, quasi a dire che, a parte l’uomo, tutta la creazione risulti accessoria e secondaria.

L’homo religiosus antropocentrico è spinto a classificare il mondo o ponendosi al suo esterno, quasi senza percepire di esserne parte integrante, oppure dal suo interno, ma ritenendosi, in questo caso, il parametro ultimo in grado di dare un senso a tutto ciò che esiste.
A pagare il prezzo più alto di questo strabismo teologico è di solito il mondo animale, umiliato, sfruttato, snobisticamente escluso da ogni dignità creaturale e religiosa, come a dire che la spiritualità è un fatto del tutto umano e che non esiste nessuna consolazione e nessuna salvezza per chi non appartiene al genere "eletto" degli uomini.
Il sentimento di tenerezza e il coinvolgimento pieno di stupore per la bellezza di ogni vita creata è il "modo di dirsi di Dio all’uomo", di quel Dio Creatore che ripetutamente ribadisce la sua volontà di allearsi con tutto ciò che vive sulla terra (Genesi 9, 11-17).

Dio "patisce" nelle creature e "agisce" in previsione della loro consolazione e salvezza. Ogni cosa è "tov" (buona) per il Creatore. Quel pregiudizio, purtroppo frequentissimo, secondo cui preoccuparsi degli animali significherebbe trascurare gli uomini, non ha fondamento nella Bibbia, e spesso denuncia la volontà di non occuparsi né degli uni, né degli altri.
Così Michel Damien riassume e commenta questa falsa alternativa: "Quante discussioni per sapere se è meglio proteggere gli orfani di guerra e i bambini percossi dai genitori nei tuguri urbani oppure i cuccioli di foca sgozzati vivi sulla banchisa o gli orsi che impazziscono nei giardini zoologici! Come ha potuto la coscienza cristiana, la coscienza umana, crearsi simili dilemmi?
Tutto è da scegliere, tutto è da fare. Nessun essere fra quanti soffrono e muoiono deve essere escluso" (Gli animali, l’uomo e Dio; ed. Piemme).
"La tradizione cristiana si è quasi sempre nutrita di un antropocentrismo orgoglioso: tutto è ordinato all'uomo, referente unico, solo orizzonte della creazione, signore e re assoluto sul cosmo, culmine e fine dell'opera creazionale. La vocazione delle cose e quindi degli animali è il servizio all'uomo, così come l'uomo ha la vocazione a servire Dio e amarlo...
Nessuno può negare che il cristianesimo occidentale, soprattutto nel secondo millennio, ha coltivato una fede acosmica dove la natura, gli animali e i vegetali costituiscono semplicemente il contesto per l'uomo, il suo ambiente.

Paura del panteismo pagano, certo, paura di divinizzare animali, piante e cose, timore di attentare all'alterità trascendente del divino, ma anche riduzione della natura a fornitrice di cibo per l'uomo, in un rapporto che sostanzialmente non vede solidarietà ma solo mera funzionalità nei confronti del 're della natura'.
Non vi è in questo una fuoriuscita dall'ottica della comunione, a tutto favore dell'ottica del consumo?…
Proprio per questo, e sovente con ragione, gli uomini culturalmente cristiani sono individuati tra i responsabili della devastazione e dello sfruttamento del pianeta, mentre nella recente 'conversione' di alcuni ambienti cristiani all'ecologia non è assente una nuova subordinazione della creazione alla preoccupazione prioritaria per la sopravvivenza dell'uomo" (Enzo Bianchi, Uomini e animali, Qiqajon).
Ci sono indubbiamente segnali di risveglio della sensibilità religiosa verso gli animali.
L’enciclica Sollecitudo rei socialis (1987) di Giovanni Paolo II al paragrafo 34 parla specificatamente del bisogno di rispettare "la natura di ogni essere" all’interno della creazione, e sottolinea la moderna visione che ciò che "il dominio concede all’uomo… non è un potere assoluto, né si può parlare di libertà di disporre delle cose come più ci aggrada".
Il Messaggio sulla pace e la salvaguardia del creato (1990) del Papa afferma che "non solo l’uomo ma anche gli animali hanno un soffio divino".

Il documento congiunto della Chiesa Evangelica e della Chiesa Cattolica di Germania dal titolo Responsabilità per il creato (1985) evidenzia che c’è "un modo di intendere la natura che pone erroneamente al centro l’uomo e considera la natura solo come oggetto")
Malgrado tutto questo, è sempre vero purtroppo che buona parte della tradizione ecclesiastica, molti teologi e tanti preti continuano a negare che gli uomini abbiano dei doveri diretti verso gli esseri non-umani.
Non si può nascondere: il mondo cattolico ha un orientamento dominante di indifferenza e di disinteresse, quando non di rifiuto e di opposizione, nei confronti della questione animale.

La visione cristiana non è dunque 'biocentrica', ma 'antropocentrica'; non ritiene che il valore supremo della creazione sia la 'vita', come pensano coloro che professano il biocentrismo, in particolare gli animalisti, ma afferma che il valore supremo della creazione è l'uomo, in quanto è l'unica creatura spirituale e dunque intelligente, libera e autocosciente, e in quanto è l'unica creatura che, essendo stata creata a immagine di Dio, è capace di entrare in comunione con Lui e di partecipare alla sua natura divina [...].
Gli animali non hanno 'diritti' né possono essere soggetti di diritti, perché solo la persona, proprio perché di natura spirituale, può avere diritti […].
Solo l'uomo, in quanto essere spirituale e quindi non vincolato deterministicamente alla materia […] è capace di amare, mentre tutti gli altri esseri rimangono chiusi in se stessi".
Anche il "Catechismo della Chiesa Cattolica" (1992) recepisce la tradizione antropocentrica e si attesta su posizioni non dissimili, nella sostanza, da quelle prima considerate. Vi si precisa che "Dio ha consegnato gli animali a colui che egli ha creato a sua immagine.
È dunque legittimo servirsi degli animali per provvedere al nutrimento o per confezionare indumenti. Possono essere addomesticati, perché aiutino l'uomo nei suoi lavori e anche a ricrearsi negli svaghi.

Le sperimentazioni mediche e scientifiche sugli animali, se rimangono entro limiti ragionevoli, sono pratiche moralmente accettabili, perché contribuiscono a curare o salvare vite umane"
Si ha cura di sottolineare che la benevolenza verso i non-umani ha dei limiti precisi: infatti è "indegno dell’uomo spendere per gli animali somme che andrebbero destinate, prioritariamente, a sollevare la miseria degli uomini".
Ma quali sono i "limiti ragionevoli" della sperimentazione scientifica e chi li stabilisce?
È davvero "moralmente accettabile" l' idea che la vita umana ed il benessere degli esseri umani abbiano un così alto significato da giustificare l'uso istituzionalizzato di milioni di animali in procedimenti sperimentali atroci che infliggono grande sofferenza?
In Italia il dato totale degli animali vittime di esperimenti si divide come segue: 356.000 topi, 688.145 ratti, 31.564 cavie, 31.004 conigli, 897 cani, 263 gatti, 1.708 suini, 583 scimmie, 6.761 uccelli, 910 rettili, 1.725 anfibi, 3.645 pesci.

Dai cacciatori italiani vengono uccisi ogni anno 150 milioni di uccelli migratori; esclusi gli uccelli, il totale degli animali uccisi ogni anno in Italia nello "sport" della caccia raggiunge i 300 milioni di capi.
Nel mondo ogni anno vengono uccisi, per prelevarne la pelliccia, dai 15 ai 20 milioni di mammiferi selvaggi, la maggior parte catturati con tagliole.
Come si fa ad "essere benevoli" con gli animali nella consapevolezza che il denaro che destini al loro benessere è speso "indegnamente"?
Le campagne di sensibilizzazione pubblica, la gestione dei ricoveri, la stampa pubblicistica, le spese veterinarie, le iniziative legali contro i maltrattamenti sono i modi con cui concretamente (al di là di una benevolenza di maniera inutile e un po’ ipocrita) si difendono e si amano gli animali: tutto ciò non può realizzarsi senza spese – anche ingenti, talora – di denaro!
Perché le nazioni dove gli animali vengono meno rispettati e più crudelmente perseguitati, sono quelle cristiane dell'Europa mediterranea e dell'America latina?
Perché le stragi di animali che si effettuano durante le feste religiose della cattolicissima Spagna, non solo non vengono condannate, ma sono addirittura patrocinate da confraternite e da parroci, senza che le autorità diocesane, salvo qualche rara eccezione, abbiano nulla a ridire?

Perché tanto disinteresse ed indifferenza, anche in Italia, sulla sorte degli animali, in particolar modo sull'uccisione lenta, dolorosa, straziante degli agnelli, che cinque volte nella Messa vengono evocati per simboleggiare il Figlio di Dio?
Perché c'è il silenzio pressoché assoluto da parte della catechesi, e quindi anche della morale, sul comportamento che i cristiani dovrebbero avere con gli animali?
Senza pretendere, ovviamente, di dare risposta a questioni così aperte e complesse, si può capire l’aridità affettiva di un certo cattolicesimo ecclesiastico verso i non-umani esaminando il pensiero del gigante della tradizione cattolica, Tommaso d’Aquino (1225-1274), la cui teologia domina ancora oggi su molta parte del pensiero della Chiesa, anche quello relativo agli animali.

Per Tommaso (e con lui la morale dominante della cultura teologica cattolica) gli animali non possono rivendicare alcun diritto presso gli uomini, neppure quello della loro sopravvivenza, per i seguenti motivi:
a) non sono amici dell’uomo;
b) l’ordine naturale delle cose prevede che il più debole e imperfetto sia sacrificato alle necessità del più forte e perfetto;
c) gli animali sono privi della ragione quindi sono per natura schiavi dell’uomo, essere razionale;
d) nemmeno Dio ama gli animali, o più precisamente li ama non in se stessi, ma poiché essi rappresentano delle scorte alimentari per l’uomo.
Tanto il Vecchio quanto il Nuovo Testamento però sconfessano le audaci e spietate interpretazioni tomistiche.
E ciò non può sorprendere, se si considera che qui il fondamento di Tommaso non è biblico: la tradizione che sostiene che agli occhi di Dio la creazione non-umana non ha valore se non come nostro strumento, ha origini greche e non ebraiche.
In Tommaso la Genesi viene interpretata nei termini del percorso aristotelico che vede la natura come un sistema gerarchico-dispotico nel quale è scontato che il maschio sia superiore alla femmina, la femmina allo schiavo e lo schiavo alla bestia, e così via in ordine intellettuale decrescente.
Dunque, in una prospettiva teologica cristiana, la debolezza delle concezioni di Tommaso sugli animali deriva da ciò che del suo pensiero proviene da fonti elleniche.

Due assiomi di Aristotele sono assorbiti quasi senza la minima obiezione.
Il primo è che solo gli uomini sono razionali.
Il secondo è che gli animali non hanno alcuno scopo funzionale oltre a quello di servire gli esseri umani.
Il problema serio nel nostro rapporto con gli animali è che la nostra visione e percezione, i nostri occhi sono ostruiti; non fosse così, tutto ci apparirebbe opera di Dio, in relazione con lui.
Noi dobbiamo ritrovare Dio al cuore della vita, vederlo all'opera nella terra da lui creata, in relazione con tutte le creature.
Dovremmo esercitarci alla conoscenza degli esseri, per imparare la contemplazione della natura, per avere lo stesso sguardo di Gesù quando osservava gli uccelli dell'aria, la chioccia che raduna i pulcini, le piante da frutto messaggere dell'estate, i gigli dei campi più eleganti di Salomone…
Scrive l’antropologo francese Claude Lévi-Strauss: "Ancor oggi, si direbbe che in noi è rimasta la confusa coscienza della primitiva solidarietà tra tutte le forme di vita. Niente ci sembra tanto importante quanto il fatto di imprimere il sentimento di questa continuità, sin dalla nascita o quasi, nello spirito dei nostri bambini. Li circondiamo di simulacri di animali di gomma o di peluche, e i primi libri che gli mettiamo sotto gli occhi mostrano loro, ben prima che li abbiano mai incontrati, l’orso, l’elefante, il cavallo, l’asino, il gatto, il cane, il gallo, la gallina, il topo, il coniglio… come se fosse necessario imprimere nei nostri piccoli, sin dalla più tenera età, la nostalgia di una unità che riconosceranno ben presto perduta".

Davvero, noi uomini dovremmo saper riconoscere negli animali dei "compagni di viaggio".
Gli animali sono una presenza, e spesso, soprattutto per le persone più povere e semplici, sono aiuto, compagnia e consolazione.
L’antropocentrismo tirannico di antica tradizione che considera esclusivamente gli interessi dell’uomo e disprezza il desiderio di vivere (e di vivere bene) degli animali, è dunque per i cristiani fermamente da rifiutare. Ancor più se quell’antropocentrismo ha pretese teologiche. Ancor più se quelle pretese teologiche non hanno corrispondenza con la Bibbia, ma, semplicemente, con la tradizione ecclesiastica.
Ogni volta che ci troviamo in una posizione di potere su degli indifesi, il nostro obbligo morale di essere generosi e solidali aumenta in proporzione al grado di debolezza dei soggetti in questione.
La presunzione dell’intelligenza è la vera stoltezza davanti a Dio.
Il "primato della razionalità", che vantiamo di possedere, si esprime nell’umiltà.
Il tipo di dovere rivelato da Cristo è sempre e comunque il dovere del "più alto" di sacrificarsi per il "più basso"; per il forte, il potente, il ricco, si tratta di dare a coloro che sono deboli, indifesi e poveri.

È la pura e semplice vulnerabilità degli animali, cui corrisponde il nostro potere assoluto su di essi, che impone la generosità morale.
Noi dobbiamo essere presenti alle creature non-umane come Dio è presente a noi.
Quando parliamo di superiorità umana parliamo di qualcosa di gran lunga più simile al servizio (inteso in senso cristiano) che alla dominazione.
Non ci può essere potere senza servizio e viceversa.
Il nostro valore speciale nella creazione consiste proprio nell'essere utili agli altri!
L'idea che gli animali esistano per nostro beneficio ed uso è moralmente grottesca come il supporre che i bambini siano proprietà dei loro genitori e possano essere utilizzati a loro vantaggio.
Gli uomini sopportino da soli ogni malattia non compiendo esperimenti sugli animali, piuttosto che sostenere un sistema di abuso istituzionalizzato.
Sollevare una questione di questo tipo rischia di attirare l‘accusa di insensibilità verso le malattie umane e i loro spaventosi effetti, ma deve ancora essere chiarito se la conoscenza che può prolungare o salvare la vita umana debba avere la priorità su tutto.
Il riconoscimento in noi di una legge morale e di un valore spirituale importa tanto quanto la conoscenza capace di prevenire la morte e di alleviare il dolore.

L' idea che la vita umana ed il benessere degli esseri umani abbiano un così alto significato da giustificare l'uso istituzionalizzato di milioni di animali in procedimenti sperimentali che infliggono grande sofferenza dovrebbe essere definita in termini di idolatria.
Gli animali nei laboratori non soffrono proprio per renderci la vita più facile e più lunga, o per sostenere i nostri desideri di sempre nuovi cosmetici o sempre nuove medicine?
E gli animali non vengono dunque sacrificati per una specie che si arroga poteri divini e che considera i propri interessi come facenti indiscutibilmente parte dello scopo della creazione stessa?
Demitizzando un poco la questione, potremmo dire che la nostra tendenza idolatra consiste nel credere che la stima di noi stessi sia il principale ed unico criterio con il quale giudichiamo il valore di tutte le altre creature.
Se troviamo sconcertante questo linguaggio è perché abbiamo accettato, passo dopo passo, la posizione utilitaristica che accetta assiomaticamente che gli interessi dei deboli possano essere messi da parte per quelli dei più forti.
L’unicità della umanità consiste nella sua abilità a diventare "la specie che si sacrifica" (non "che sacrifica"!), per esercitare la sua piena umanità come cooperatrice di Dio nella redenzione del mondo.
Questa visione sfida le concezioni tradizionali del mondo che lo concepiscono come creato esclusivamente per uso o piacere umano, mentre il suo unico fine consisterebbe nel servire alla specie umana, ridotto di conseguenza al ruolo di semplice strumento.

Solo il più tenace attaccamento al pensiero della tenerezza di Dio verso tutte le creature potrà liberarci dalla nostra arrogante umanocentrica concezione del nostro posto nell’universo.
Nel breve periodo, lo smantellamento di istituzioni ingiuste come quella della sperimentazione animale e dell'allevamento intensivo, e la fine di pratiche "ricreative" quali la caccia e la pesca, comporteranno una qualche diminuzione del piacere degli uomini, o di alcune sue prospettive di lavoro e persino di alcune possibilità di vita.
Comunque la questione non è se si debba trarre guadagno dalle pratiche attuali, ma se tali guadagni non siano illeciti.
Troppe persone vogliono parlare genericamente di generosità verso gli animali mentre continuano a distruggere i loro habitat, a cacciarli per sport e a mangiare la loro carne.
Per apprezzare il guadagno morale derivante dal desistere dallo sfruttamento animale dobbiamo imboccare la via più lunga.
Se ci chiediamo se l'umanità ci abbia rimesso nell'ammettere l'immoralità dei guadagni illeciti ottenuti dalla diffusione della schiavitù, del razzismo e del sessismo, possiamo immediatamente vedere che ci sono stati certamente dei vantaggi derivanti da questo riconoscimento che senza sacrifici non sarebbero stati possibili."