lunedì 11 maggio 2009

Tossicologia: ingestione di candeggina e sbiancanti

Questa volta vorrei parlare di un'evenienza che si realizza abbastanza di frequente in ambiente casalingo, ovvero l'ingestione accidentale di detersivi a base di candeggine tal quali o diluti in acqua da parte dei nostri animali domestici.
In genere tipico del cane è andare a bere nel secchio, lasciato incustodito, dove si trova l'acqua saponata con cui ci si appresta ad effettuare le pulizie, e del gatto, cadervi dentro accidentalmente.
In entrambi i casi normalmente la quantità di sostanza ingerita non è pericolosa per la vita dell'animale, ma può produrre ugualmente degli effetti fastidiosi, che è utile conoscere anche per prendere i dovuti provvedimenti per tempo, in attesa dell'intervento del veterinario.
Per candeggine di uso domestico, ricordiamolo, di solito si intendono dei prodotti per l'igiene, la pulizia e la disinfezione che contengono una concentrazione di ipoclorito di sodio in una percentuale compresa tra il 3 ed il 6%, mentre quelle ad uso industriale e i prodotti per le piscine possono contenerne sino al 50%.
Altre sostanze accomunabili come effetti, sono l'acido tricloroisocianurico (sostanza ad alto potere corrosivo, ma a bassa tossicità) ed il perborato di sodio (trasformato in perossido di idrogeno che dà sintomi gastroenterici, ed in borato, realmente tossico solo in dosi comprese tra i 200 e i 500 mg/kg), frequentemente rintracciabili negli sbiancanti (senza cloro) anche se quelli di ultima generazione oramai sono per lo più a base di perossido d'idrogeno, ovvero la comune acqua ossigenata.
Per quanto riguarda il meccanismo d'azione dell'ipoclorito di sodio ricordiamo che stiamo parlando di una sostanza ad alto potere corrosivo, in quanto fortemente alcalina, di conseguenza i tessuti con cui viene a contatto subiscono delle vere e proprie ustioni di tipo chimico.
In genere se il contatto avviene con soluzioni diluite la sintomatologia è poco o per nulla evidente tenuto anche conto del basso grado di tossicità, mentre è diverso il discorso se parliamo di soluzioni concentrate.
In quest'ultimo caso, soprattutto in conseguenza dell'ingestione, si produrranno vomito (che già di per sé limita l'assorbimento del tossico), scialorrea (ipersalivazione), ustioni su labbra, lingua e mucosa orale ed irritazione gastrica e/o intestinale, testimoniata da ipersensibilità a livello dei quadranti addominali craniali.
Nei casi più gravi possono essere riscontrati altresì edema del faringe e, per erosioni ed ulcerazioni a carico della mucosa gastrica, ematemesi (vomito emorragico), con diarrea talvolta emorragica in conseguenza di una gastroenterite di media o elevata gravità.
In caso di contatto con cute e occhi (sempre in caso di soluzioni concentrate), avremo rispettivamente irritazione cutanea ed oculare con congiuntivite e iperlacrimazione, in seguito ad ustione da contatto e presenza di dolore localizzato alla parte lesa: in tal caso la maggior parte degli animali presenterà anche l'odore caratteristico della candeggina e uno sbiancamento del pelo in corrispondenza della regione in cui è avvenuto il contatto.
Pertanto si consigliano lavaggi accurati della parte interessata con acqua semplice a livello oculare e saponata tiepida con abbondanti risciacqui sulla cute, avendo cura però di non far raffreddare l'animale.
Come trattamento in caso di ingestione invece si sconsiglia l'induzione del vomito o la lavanda gastrica, per non irritare ulteriormente le mucose oro-faringea ed esofagea, anche perché la maggior parte degli animali vomiterà comunque spontaneamente entro pochi minuti dall'ingestione.
E' invece utile anche qui lavare con abbondante acqua fresca il cavo orale per rimuovere eventuali residui della sostanza o ancora dar da bere grandi quantità di acqua oppure di latte per diluire il tossico nello stomaco e ridurre quindi gli ulteriori danni a carico della mucosa gastro-enterica.
Non sembra esistano antidoti efficaci, ma viene raccomandata in ogni caso la somministrazione di idrossido di magnesio (2-3 ml/Kg) o di gel a base di alluminio per proteggere la mucosa gastrica e come terapia di sostegno la somministrazione per via endovenosa di flebo a base di soluzione fisiologica o glucosata oltre, laddove necessario (ovverosia in caso di lesioni estese e/o profonde a carico delle mucose), terapia antinfiammatoria e/o antibiotica.

1 commento:

Pietro Cau ha detto...

Caro Dr. Sessa,
La ringraziamo per le sue 'perle di saggezza clinica'.
Proprio domenica il nostro adoratissimo bulldog inglese ha immerso il suo prezioso visino nel secchio pieno di Varechina. Abbiamo temuto il peggio, sopratutto perchè ha subito vomitato.
Dopo aver letto il suo esaudiente articolo siamo pronti ad affrontare un'altra catastrofe.. e sappiamo che se vomita è molto meglio! Grazie per averci rassicurato domenica, ci siamo spaventati moltissimo, da oggi in poi saremo attenti ai secchi incustoditi !!! Grazie romina Morra