domenica 31 agosto 2008

Il cane aggressivo: terza parte

La sequenza del comportamento aggressivo
L'aggressività rientra tra i normali comportamenti del cane, essendo un carnivoro, e quindi come tale va considerata. Vediamo di analizzarla allora nei dettagli, per capire meglio come è strutturata e se sia possibile intervenire modificandola in qualche modo.
Ricordiamo che ogni comportamento è sempre scatenato da uno stimolo: un'informazione che può provenire sia dall'ambiente esterno che dall'ambiente interno (modificazione di uno stato fisiologico). Esso è percepito dai sensi e genera di conseguenza un'emozione.
E' l'emozione dunque che è alla base di ogni comportamento: questa è infatti preesistente a qualsiasi azione. Dunque potremmo definirla una sorta di squilibrio, e l'azione non è altro che un tentativo da parte dell'individuo reattivo di ritornare allo stato di equilibrio iniziale.

Le quattro fasi di una sequenza aggressiva
Per comodità in medicina comportamentale si tende a schematizzare ogni comportamento suddividendolo in quattro fasi distinte:
-fase iniziale: è attivata da uno squilibrio e manifesta i primi segni del passaggio all'azione, tale fase manifesta le motivazioni interne dell'organismo ad agire.
-fase d'azione: detta anche fase operante; è quella che permetterà di agire su di sé o sull'ambiente per ristabilire l'equilibrio.
-fase d'arresto: rappresenta il raggiungimento di una soddisfazione o sazietà legata al comportamento, il ritorno al benessere e all'equilibrio.
-fase refrattaria: in questa fase l'organismo è in una sorta di limbo, risulta insensibile ai fattori motivazionali che in precedenza avevano scatenato l'azione, perché ha già ottenuto un ritorno all'equilibrio: rappresenta una sorta di time-out, è una fase di recupero.
Vediamo ora di riportare queste quattro fasi al comportamento aggressivo.
Nella sequenza aggressiva standard la fase iniziale corrisponderà alla fase di minaccia, d'intimidazione, che avvisa delle intenzioni aggressive o manifesta le emozioni provate (paura, collera, competizione, ecc.)
La fase d'azione corrisponde ovviamente all'attacco, che permette di mettere in atto le intenzioni e calmare le emozioni scatenanti.
La fase d'arresto, che segnala l'interruzione delle ostilità, corrisponde all'acquietamento delle emozioni e al ritorno alla calma.
Infine la fase refrattaria è quella durante la quale, anche se si ripetesse lo stimolo che ha inizialmente scatenato la reazione aggressiva, gli atti aggressivi non potranno più manifestarsi.
L'integrità della sequenza
Per ogni tipo di comportamento aggressivo queste fasi possono essere differenti; ma qualunque sia il tipo di aggressione (competitiva, da irritazione, da paura, predatoria, ecc.) la sequenza che la caratterizza deve essere integra, non modificata e ben strutturata.
E' l'integrità della sua sequenza che rende normale e prevedibile un comportamento sia per i cani che per gli esseri umani, che possono quindi adattarvisi di conseguenza. Se invece la sequenza risulta alterata si parla di patologia comportamentale: in tal caso il comportamento non è più prevedibile, mettendo a repentaglio la comunicazione in seno al gruppo.
Ricordiamo che il cane è infatti un animale sociale e tutti i suoi comportamenti hanno come fine la sopravvivenza del branco, per cui se per un qualsiasi motivo, ad esempio, due cani entrassero in competizione tra loro, ammettiamo per un osso, è proprio grazie alla fase di minaccia che precede l'attacco, che il più debole e meno sicuro di sé avrebbe la possibilità di ritirarsi e salvarsi così da un confronto che lo vedrebbe perdente e metterebbe a rischio la sua stessa incolumità.
Un attacco può causare ferite e minorazioni ad entrambi o ad uno dei cani in conflitto, e dal momento che i cani cacciano in branco, l'invalidità di un membro potrebbe comportare rischi per la sopravvivenza dell'intero branco. Per cui è vitale che le ferite tra i componenti del branco siano ridotte al minimo. Fuori dal gruppo invece la regola cambia: un predatore o una preda possono essere attaccati violentemente.
Il controllo del morso
In un gruppo, per evitare ferite invalidanti, i morsi necessitano dunque di un controllo perfetto; mentre al di fuori di esso (predatore o preda) i morsi possono anche essere forti e ripetuti. Per morso controllato si intende l'afferrare con la bocca, il pizzicare senza stringere e senza compressione, lasciando solo un leggero segno, o talvolta solo qualche livido (ematomi lievi). Un morso forte invece perfora la cute e richiede cure. Ricordiamo a questo proposito che la cute umana è più fragile di quella di un cane. Ecco perché è indispensabile che un cane da compagnia abbia un completo controllo del morso.
Un morso potente, non controllato, si presenta quando l'individuo :
1) perde il controllo delle sue emozioni (ad esempio in caso di paura o di ipereccitazione)
2) perde il controllo delle sue azioni (disturbi neurologici, endocrini, ecc.)

3) non ha acquisito il controllo del morso (dissocializzazione, distacco precoce dalla madre o dal branco)
4) ha imparato che è necessario mordere con una certa insistenza per ottenere qualcosa (apprendimento del mordere)
5) ha intenzione di menomare il suo avversario o la sua vittima (aggressività predatoria).

La fine di un attacco
La fase di arresto di un attacco in un gruppo è fondamentale. Al di fuori del gruppo l'attacco invece può proseguire sino alla fuga del predatore o alla morte della preda.
In un gruppo l'attacco deve perciò sempre arrestarsi. Se cessa solo per sfinimento degli avversari, siamo fuori dalla normalità e ci troviamo di fronte a una situazioni patologica.
Aggressioni adattive o patologiche
I comportamenti aggressivi possono essere dunque fisiologici o patologici. Il concetto di patologia è centrale in medicina comportamentale. La patologia è infatti la scienza che studia le cause, i sintomi e l'evoluzione delle malattie. La malattia è definita come un'alterazione dello stato di salute, di omeostasi di un individuo.
La medicina comportamentale si occupa principalmente delle modificazioni degli elementi psicobiologici (umori, emozioni, cognizioni, percezioni, atti motori e attività neurovegetative) di un individuo. In questo contesto possiamo definire patologico l'elemento psicobiologico che ha perso la sua capacità di adattamento funzionale. Tale perdita di adattamento determina, nell'animale che soffre di una patologia comportamentale, difficoltà ad interagire con l'ambiente che lo circonda. L'elemento psicobiologico patologico interferisce quindi con le normali attività sociali e con la capacità di conservazione dell'animale e della sua specie.
Per quanto riguarda il comportamento aggressivo si parlerà di aggressione patologica quando essa: - non permette all'individuo il ritorno all'equilibrio emozionale, - la sua strutturazione nelle quattro fasi non è più rispettata, - il morso non è più proporzionato e adattivo rispetto al contesto (nel gruppo o fuori dal gruppo). In alcuni casi un comportamento può essere giudicato adattivo per l'individuo e patologico per la conservazione della specie. Tutto dipende dal punto di vista. Ad esempio, un cane cresciuto isolato dai suoi cospecifici oltre i tre mesi d'età, può diventare aggressivo nei loro confronti: tale comportamento sarà adattivo per la sua personale sopravvivenza; ma gli impedirà di riprodursi e il suo patrimonio genetico sarà dunque perso nell'ambito della sua specie.

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