sabato 27 settembre 2008

La guerra felina tra i sessi

Una conseguenza particolarmente pesante e spiacevole del retaggio evolutivo del gatto, animale di natura tenacemente solitaria, emerge proprio nei rapporti tra i due sessi.
La struttura territoriale e sociale tipica del mondo felino sembra fatta apposta, quasi ottimizzata alla perfezione, per incoraggiare scontri violenti tra maschi.
In natura infatti femmine e maschi non fanno mai coppia fissa: il territorio di ciascun maschio si sovrappone alle aree di più femmine e quindi potenzialmente, di altri maschi; le femmine hanno un periodo fertile ben preciso, con una fase di massima attività sessuale che cade tra la fine dell'inverno e l'inizio della primavera e una seconda fase, meno intensa, al sopraggiungere dell'estate.
Tutti questi fattori hanno un esito inevitabile: i maschi dovranno affrontare durissime competizioni per guadagnarsi i favori delle gatte...
Le specie, come quella felina, le cui femmine occupano territori rigidamente fissati, mentre ogni maschio può sconfinare nelle aree di più femmine, sono quasi sempre caratterizzate da un marcato dimorfismo sessuale: i maschi sono più grossi, dotati di un armamento specifico da combattimento, per esempio un singolo corno aguzzo o palchi di corna ramificate, ecc.
Anche i gatti maschi, quindi sono più grossi e molto più aggressivi delle femmine, le loro mascelle sono più larghe e hanno uno strato di pelle estremamente spesso e coriacea protezione della nuca, tutti sviluppi adattivi funzionali alle esigenze del combattimento.
L'impulso alla lotta tra maschi è quasi esclusivamente innescato dal testosterone, ormone prodotto dalle gonadi maschili. Ecco perché la totalità dei dei gatti castrati in giovane età non sente affatto il bisogno di gareggiare con eventuali rivali dello stesso sesso, e il 90% di quelli che viene castrato in età adulta, smette comunque di battersi subito dopo l'intervento.
Dover avere la meglio nelle lotte per il successo riproduttivo, si addice davvero poco all'ambiente odierno; ma a dispetto di tutto le cose vanno ancora così!
Nei gatti selvatici, è la stessa popolazione disseminata su un territorio abbastanza vasto, a garantire che ogni maschio deciso a rivendicare il suo diritto esclusivo su aree di più femmine, affronti di solito un solo contendente per volta.
In tal caso far fronte alle ingerenze tramite l'aggressione è dunque una strategia che funziona e garantisce effettivamente al maschio più battagliero la possibilità di trasmettere i propri geni alla generazione successiva.
Nel caso invece della maggior parte dei nostri beniamini domestici, che vanno a zonzo liberamente e, come loro, tutti quei gatti rinselvatichiti che sono senza un padrone, essi vivono in ambienti la cui densità davvero elevata di consimili non garantisce più tale privilegio.
Infatti, come ha descritto Eugenia Natoli, che ha studiato una numerosa colonia felina del centro di Roma, in tali condizioni sono spesso i maschi meno dominatori ed aggressivi ad avere la meglio in fatto di possibilità di riproduzione.
Così avviene che mentre due dei soliti maschi duri e prepotenti sono impegnati nel loro duello, uno di quelli più miti, approfittando della distrazione degli altri due contendenti, si intrufola di soppiatto e si accoppia con la gatta, oggetto della contesa!
In questo caso dunque l'aggressività dei gatti domestici potrebbe essere, usando le parole della Natoli, " un residuo subottimale del comportamento originario" dei gatti selvatici, arrivando addirittura ad essere controproducente rispetto al fine originario.
Ciò testimonia come i gatti domestici restino, in questo come in altri casi, comunque segnati dal loro retaggio evolutivo, a dispetto delle condizioni sociali e ambientali, così radicalmente mutate rispetto a quelle originarie.
I mammiferi la cui struttura sociale è tipicamente solitaria come quella del gatto selvatico, in genere hanno un sistema di regolamentazione degli accoppiamenti in cui anche il rapporto tra i sessi è altamente competitivo, se non decisamente agonistico.
Infatti poiché le femmine che vivono appartate non possono contare sull'immediata disponibilità di un maschio fertile nel momento in cui entrano in calore, hanno un'ovulazione provocata: ovvero non ovulano spontaneamente, in base al loro ciclo estrale; ma i loro ovuli si attivano e sono pronti per essere fecondati solo dopo la stimolazione indotta dall'accoppiamento, garantendo in questo modo la sicurezza della fecondazione ad ogni accoppiamento.
A causa di ciò il pene del gatto è ricoperto da piccole appendici simili a spine che solo dopo la penetrazione (una volta avvenuta l'eiaculazione) provocano una stimolazione vaginale talmente intensa e dolorosa, da indurre appunto l'ovulazione alla fine del rapporto sessuale, nel momento in cui l'organo maschile viene estratto.
E' proprio questa la causa della reazione della femmina al termine dell'accoppiamento, che immancabilmente si volta di scatto, sferrando una violenta zampata sul muso del maschio, nel momento in cui esso si allontana.
Può accadere che alcuni maschi adottino una strategia riproduttiva improntata ad una competitività ancora più cruda e brutale, arrivando persino ad uccidere i piccoli che una gatta ha generato con un altro maschio, affinché quest'ultima torni prima del dovuto in calore, una volta interrotto l'allattamento.
Tuttavia questo è un comportamento davvero raro nel gatto domestico, dove i vantaggi conseguenti a tale comportamento si rivelerebbero abbastanza scarsi, mentre è quasi la norma in felini come i leoni, le cui femmine possono andare in calore tutto l'anno (mentre le gatte hanno periodi fertili rigidamente stagionali) e dove soprattutto l'allattamento dura ben nove mesi (contro i due delle gatte).
Da parte loro anche le gatte hanno affinato nella loro storia evolutiva, un certo numero di strategie riproduttive, incentrate su un forte antagonismo nei confronti dell'altro sesso.
Parecchi comportamenti delle femmine in calore sembrano appositamente studiati con lo scopo preciso di fomentare la competizione tra maschi.
Le gatte in calore infatti emettono caratteristici richiami sonori e intensificano la pratica di disseminare segnali odorosi attraverso cui comunicare la loro disponibilità.
Nei primissimi giorni dell'estro e mentre sono tutte indaffarate a farsi pubblicità le gatte attraversano una fase di refrattarietà sessuale, per cui non accettano assolutamente le attenzioni di chicchessia e men che mai dei primo venuto.
Quando poi si vede finalmente circondata da un bel po' di corteggiatori, la femmina, inizia improvvisamente a saettare qua e là, costringendo i pretendenti ad accapigliarsi per aggiudicarsi una posizione privilegiata presso di lei.
Tutto ciò servirebbe, almeno nell'organizzazione atavica del gatto selvatico, a garantire che il vincitore della contesa e dunque il candidato ad assicurare la trasmissione del suo DNA alle future generazioni, sia l'esemplare più sano e prestante dei dintorni.
La competizione però non si esaurisce qui, poiché le gatte sono molto promiscue ed abitualmente sono solite accoppiarsi con più maschi, se ne hanno l'occasione. E' così che si creano i presupposti per una "gara dello spermatozoo" all'interno delle vie genitali della femmina, dove sarà quello più veloce e più sano a conquistare il traguardo dell'ovulo, fecondandolo.
Probabilmente l'accoppiamento con più maschi non è altro che una strategia per assicurare la differenziazione genetica della prole, dal momento che sembra che la fisiologia del gatto consenta di generare contemporaneamente figli concepiti con lo sperma di maschi differenti.
Infine gli accoppiamenti molteplici costituiscono un'efficace contromisura delle gatte per eludere la strategia maschile dell'infanticidio, dal momento che il fatto che il maschio non possa stabilire con certezza quali siano i suoi figli, fra tutti i piccoli nati, vanifica la questione della paternità.
Chissà se tale comportamento felino non abbia ispirato Eduardo De Filippo nella stesura della sua Filumena Marturano...

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