domenica 1 marzo 2009

Cani aggressivi e patologie comportamentali: quale correlazione?

Dall'11 al 13 Febbraio scorso a Cremona si è tenuto un interessante percorso formativo dal titolo “Cani pericolosi: problematiche di sanità animale e pubblica, aspetti legislativi, epidemiologici e clinici” organizzato da SISCA e AIVEMP con il patrocinio della Regione Lombardia.
Durante una di queste giornate la dottoressa Marzia Possenti (Medico Veterinario Comportamentalista) ha presentato una relazione sulle patologie comportamentali che possono causare un comportamento di aggressione nel cane che vorrei citare qui di seguito nella riduzione proposta dal nostro VetJournal per condividere le importanti considerazioni emerse.
Le patologie comportamentali possono essere considerate una vera e propria “piaga sociale”.
Può sembrare un’affermazione molto forte, ma in effetti esse rappresentano la causa di una grossa porzione di aggressioni, sia nei confronti di altri cani che di persone.
Ma il problema non è limitato semplicemente a questo aspetto: un cane patologico rappresenta un grave problema ed una fonte di oneri per la società, che deve accollarsi le spese di cura delle persone aggredite, dei danni materiali causati, del mantenimento in canile in seguito all’abbandono, ecc.
Le patologie del comportamento sono una causa molto frequente di abbandono, in canile nella migliore delle ipotesi, e di eutanasia dei cani.
La maggior parte delle patologie del comportamento non migliora se non curata, e in moltissimi casi c’è un peggioramento costante e continuo.
Il fatto è che molte persone non sanno a chi rivolgersi per chiedere aiuto e spesso sono coinvolte in prima persona nelle aggressioni, in veste di vittime: la maggior parte delle aggressioni infatti avviene in famiglia e non viene denunciata.
Purtroppo soltanto in una trascurabile percentuale di casi i proprietari si rivolgono ad una persona in grado di trattare il problema in modo efficace, molto più spesso ignorano o sottovalutano il problema, o peggio ancora “aggiustano il sistema famigliare” attorno al problema stesso.
Ad esempio una famiglia che ha adottato un cane che ha problemi di fobia sociale, che ha paura delle persone estranee e le aggredisce nel tentativo di allontanare ciò che ritiene essere un pericolo, tenderà ad isolarsi, a non far entrare estranei in casa ed a far uscire il cane in passeggiata la sera tardi o la mattina molto presto, in modo da ridurre la probabilità d’incontrare altre persone durante l’uscita.
Chi possiede invece un cane con una forte motivazione a competere per le risorse, che aggredisce per avere il possesso del letto, del divano, di un gioco, ecc. tenderà a lasciare che il cane ne prenda possesso (per evitare di essere aggredito) o lo isolerà in una zona della casa dove non ci siano queste risorse, ad esempio in giardino.
Tutte queste scelte di gestione portano inevitabilmente ad un peggioramento della patologia comportamentale, ad un deterioramento nella relazione cane-proprietario ed infine, molto spesso, all’abbandono o all’eutanasia.
In realtà la maggior parte di questi cani sarebbe recuperabile, almeno in parte, e si potrebbe reinserire in famiglia.
Una corretta informazione e preparazione dei proprietari sia riguardo alla prevenzione che alla terapia, una buona educazione alla comunicazione con gli animali urbani nelle scuole, l’inserimento di personale qualificato nei canili, con lo scopo di riabilitare i cani con patologie del comportamento che vi sono ospitati e di evitare che quelli sani ne sviluppino, sono le chiavi per la riduzione dell’incidenza di queste patologie sulla spesa sociale, nonché per la riduzione di episodi di aggressione.
Quali patologie causano comportamento di aggressione?
Pressoché tutte le patologie del comportamento possono comprendere, fra i sintomi, comportamenti di aggressione. Ma fra le patologie che più frequentemente possono essere causa di comportamento di aggressione, sia nei confronti di cani che di persone, sono il disturbo competitivo di relazione, i difetti di socializzazione e l’ipersensibilità/iperattività.
Inoltre la compresenza di uno stato ansioso può aumentare il rischio di comportamenti di aggressione da irritazione.
In ogni caso si tratta di patologie che non compaiono all’improvviso, quando si giunge all’aggressione il cane ha già mostrato segnali preoccupanti in precedenza (per settimane, mesi o addirittura per anni), purtroppo però molto spesso il proprietario non è stato in grado di leggerli, comprenderne il significato o dare loro il giusto peso.

Nei cani con disturbo competitivo di relazione le aggressioni avvengono frequentemente per ottenere o difendere un privilegio, una risorsa.
Non si tratta di una patologia del cane, ma della relazione uomo-cane e/o cane-cane.
Questi cani conoscono un solo modo di relazionarsi con gli altri, sia cani che uomini, ovvero competere.
Possono aggredire per difendere un oggetto, ad esempio un gioco, quello che considerano il proprio territorio o per gestire i contatti dei membri del gruppo famigliare.
Possono aggredire anche perché hanno deciso che non vogliono più essere
accarezzati.
Purtroppo molto spesso la relazione cane-proprietario è carente, la comunicazione incoerente e il proprietario non è in grado di dare delle regole e delle sicurezze al proprio cane.
In questo caso il cane sceglie di comunicare nel modo più semplice che conosce o nell’unico modo insegnatogli dal proprietario, ovvero con una continua contrapposizione di volontà.
Proprio in quest’ottica ha senso il divieto di addestramento per aumentare il comportamento di aggressione.
Si tratta di un percorso volto ad allenare la motivazione competitiva, in altre parole si insegna al cane che il modo migliore per relazionarsi con gli altri è lottare, competere, difendere o pretendere.
Spesso lo si fa con cani che già hanno la tendenza a farlo, proprio perché chi richiede questo tipo di addestramento ha una certa idea di come deve essere il proprio cane e dunque si è già relazionato con lui in modo competitivo, e magari ha scelto il cucciolo più aggressivo, o che gli sembrava tale.

I cani con un difetto di socializzazione invece aggrediscono principalmente per timore, per allontanare ciò che li spaventa.
In questo caso un altro cane o una persona.
Un cane non correttamente socializzato può scoprire con estrema facilità che, se abbaia, ringhia o tenta di mordere, chi lo spaventa si allontana.
Nel caso in cui la carenza fosse nei confronti dei cani poi, il cane non sarebbe neppure in grado di comunicare correttamente con i cospecifici.
La comunicazione infatti è totalmente appresa, non è innata, fa parte del bagaglio culturale di un cane e questo la può apprendere soltanto interagendo con dei cospecifici.
Questi cani possono sia aggredire i cospecifici che scatenare comportamenti di aggressione in cani in realtà normocomportamentali, per il semplice fatto che li istigano senza rendersene conto.

Esistono periodi molto precisi nello sviluppo del cucciolo, soprattutto per la socializzazione, e le esperienze mancate, o associate a emozioni negative, in questo periodo non sono più totalmente recuperabili in seguito.
Quello che si cerca di fare in effetti è creare un ponte per aiutare il cane a recuperare ciò che si è perso in un momento fondamentale del suo sviluppo.
In questo caso le aggressioni possono essere anche molto gravi, soprattutto se la vittima scappa. La fuga infatti può innescare nel cane l’aggressione predatoria, ovvero il cane si convince di avere di fronte una preda da cacciare proprio perché la vittima scappa come una preda.
Queste aggressioni sono molto gravi e il rischio è molto elevato, poiché spesso a farne le spese sono proprio i bambini.
I cani infatti non di frequente sono correttamente socializzati ai bambini: la maggior parte dei proprietari non sa che non è sufficiente far interagire il cane con le persone in generale, per socializzare il cane alla specie umana, perché un bambino o un anziano non si comportano come un adulto.
I bambini hanno movenze scattanti, rapide, e spesso emettono grida acute, proprio come una preda.

Nel caso dell’ipersensibilità/iperattività il problema fondamentale è l’incapacità del cane di controllarsi, di calmarsi una volta eccitato, e la sua enorme difficoltà nel ricordare le esperienze, dunque nell’apprendere.
Questi cani sono sempre sovreccitati, sopra le righe, e non riescono a
concentrarsi quel tanto che basta per memorizzare.
In effetti, soprattutto da cuccioli, cercano l’interazione sia con le persone che con gli altri cani armati delle migliori intenzioni, ma data la loro irruenza finiscono per ricevere continuamente rifiuti.
In parole semplici sono cani che cercano di piacere a tutti, ma non piacciono a nessuno.
In questi cani le aggressioni possono essere frequentemente una conseguenza del gioco, proprio perché una volta eccitati non riescono più a controllarsi e mordono forte.
Con il passare del tempo però, le difficoltà di apprendimento possono determinare lo sviluppo di altre patologie come difetti di socializzazione, fobie, disturbi competitivi di relazione.
Insomma un cane affetto da sindrome ipersensibilità/iperattività, se non curato rapidamente, può essere un ottimo candidato per lo sviluppo di altre patologie comportamentali.

Per quanto riguarda la compresenza di uno stato ansioso, soprattutto se si tratta di ansia intermittente (ovvero presente soltanto in alcuni momenti, non sempre), durante le fasi ansiose il cane può mostrarsi più irritabile, meno tollerante, ed aggredire per questo motivo.
In questo caso le aggressioni possono essere legate al contatto fisico e l’aggressione viene effettuata per interrompere il contatto.
In questi casi l’ansia peggiora il quadro, poiché aumenta il rischio di aggressioni e riduce le capacità di apprendimento del cane.

In conclusione tutti i cani che sono stati coinvolti in episodi di aggressione dovrebbero essere sottoposti ad una valutazione comportamentale da parte di un medico veterinario comportamentalista, proprio per escludere eventuali patologie del comportamento che potrebbero essere alla base delle aggressioni stesse.
Un capitolo a parte meriterebbe la voce “prevenzione”, di fondamentale importanza se si vuole ridurre l’incidenza di aggressioni sul territorio, che richiederebbe senza dubbio una diffusione capillare della cultura animale, della capacità di comunicare e di comprendere le esigenze di specie diverse dalla nostra, in una visione della società non più totalmente antropocentrica ma attenta alla diversità e in grado di giovarne culturalmente e socialmente.

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