domenica 29 marzo 2009

Il megacolon idiopatico nel gatto

Il megacolon idiopatico è una condizione acquisita caratterizzata da dilatazione e diminuzione della motilità dell'ultimo tratto del digerente, solitamente associata a costipazione semplice oppure ostinata, secondaria ad una disfunzione del colon di eziologia sconosciuta.
Si ritiene che la causa di questa patologia sia una disfunzione neuro-muscolare.
Ad essere colpiti sono gatti di età abbastanza variabile, compresa tra 1 e 15 anni, con un valore medio che si attesta attorno ai 5 anni. Non si osserva alcuna predilezione di razza o sesso; però possono essere considerati maggiormente a rischio i gatti obesi e meno attivi.
I segni clinici di megacolon sono rappresentati da costipazione cronica semplice/ostinata con scarsa risposta ai lassativi o agli enteroclismi. Queste manifestazioni possono essere presenti da settimane o anni. L'esame clinico rivela una distensione del colon senza altre anomalie.
Le possibili diagnosi differenziali da prendere in considerazione sono rappresentate da cause di distensione acquisita del colon e costipazione, come la costrizione extraluminale (dovuta a traumi con fratture del bacino), la costrizione endoluminale (per presenza di fecalomi, corpi estranei o neoplasie), la pseudocoprostasi (per grovigli di peli e detriti nella regione perineale che ostruiscono il passaggio di feci), la stenosi del colon o del retto, l'ernia perineale, la dischezia (ovvero defecazione dolorosa, come quella dovuta all'infiammazione dell'area retto-anale), le affezioni neurologiche lombo-sacrali (dovute a traumi, stenosi o deformazioni, come quella del gatto di Manx), l'ipokaliemia, l'effetto di alcuni farmaci (quindi cause iatrogene), come la Vincristina, gli antiacidi, il sucralfato, i leganti del fosforo, gli anticolinergici, gli analgesici e i narcotici, ed infine la disautonomia felina (si tratta di una sindrome degenerativa del sistema nervoso autonomo, nota anche come sindrome di Key-Gaskell).
Anche gli stress ambientali, o le novità oppure l'incapacità ad utilizzare la lettiera (ad esempio per fratture agli arti posteriori, displasia dell'anca, lussazione bilaterale della rotula) possono portare alla diminuzione delle defecazioni ed alla conseguente insorgenza di costipazione e distensione del colon. Per formulare una diagnosi di megacolon idiopatico pertanto è necessario aver escluso tutte le altre possibili diagnosi differenziali di distensione/costipazione del colon appena elencate.
La forma idiopatica difatti non riconosce alcuna causa primaria, ma molti casi di megacolon sono secondari ad altre malattie. Di conseguenza è importantissima l'anamnesi: considerare eventuali modificazioni ambientali, del nucleo familiare o della dieta, se è presente o meno una defecazione dolorosa e se è in atto una qualsiasi farmacoterapia. Inoltre va effettuata una visita neurologica completa, prestando particolare attenzione alla regione perineale.
Bisogna escludere eventuali segni clinici di affezioni lombosacrali, quali diminuzione del tono anale, facilità di svuotamento della vescica mediante compressione, debolezza degli arti posteriori o dolore al sollevamento della coda o alla palpazione dell'area spinale.
In presenza anche di uno solo di questi sintomi vanno effettuate radiografie della colonna vertebrale lombosacrale, con o senza epidurografia. Nei rari casi di disautonomia il riscontro di manifestazioni di una disfunzione autonoma diffusa indica la necessità di un'ulteriore valutazione del sistema nervoso autonomo. Per quanto riguarda le analisi del sangue vanno escluse anomalie dei livelli serici del Potassio, dello stato di idratazione e della funzionalità renale.
Le radiografie invece risultano di estrema utilità per confermare la distensione estesa del colon, la presenza di masse patologiche e corpi estranei, ed eventuali segni di stenosi (distensione fecale del colon nella sua parte craniale, ma non in quella caudale), valutare l'integrità del bacino e del canale pelvico per escludere eventuali fratture ed esaminare l'area lombo-sacrale alla ricerca di anomalie evidenti.
Infine andrebbe effettuato (preferibilmente in sedazione), contemporaneamente alla terapia iniziale un esame rettale, esaminando l'area retto-anale alla ricerca di possibili stenosi rettali, masse patologiche ed ernie perineali.
Indagini diagnostiche collaterali, che prevedono una colonscopia con biopsia ed esame istopatologico, sono senz'altro indicate in quei gatti con un'anamnesi di defecazione dolorosa o nei casi in cui le radiografie o l'esame rettale siano indicativi della possibile esistenza di masse patologiche, stenosi o corpi estranei.
Per quanto riguarda la terapia si riconoscono almeno due fasi: interventi terapeutici primari e secondari.
Innanzitutto infatti, come primo passo nella terapia medica del megacolon, vanno eseguiti clismi e/o l'evacuazione manuale del colon. Anche queste manovre sarebbe preferibile effettuarle col gatto in anestesia. Per clisma si utilizzano 15-20 ml/Kg di acqua calda non saponata e senza ulteriori additivi, proprio per ridurre al minimo l'irritazione e il danno della mucosa. Il volume di liquido da infondere va somministrato ripetutamente sino al completo svuotamento del colon.
Per ottenere i migliori risultati è consigliabile associare ai clismi lo svuotamento manuale, mediante palpazione addominale e manipolazione rettale digitale. Una piccola quantità di lubrificanti idrosolubili contribuisce eventualmente ad una rimozione più agevole delle feci.
Ovviamente durante tutta questa prima fase è essenziale garantire una appropriata idratazione, somministrando fluidi per via endovenosa ad una dose pari a 1 volta e 1/2 il fabbisogno di mantenimento e per almeno 12-24h prima di sottoporre il gatto all'anestesia e al clisma, anche perché in questo modo si facilita senz'altro l'evacuazione.
Altro intervento primario consiste (ma soltanto dietro parere veterinario) nell'utilizzare un agente procinetico (la Cisapride) che aumentando la motilità dell'intestino, si è dimostrato piuttosto efficace in associazione con emollienti fecali, nel trattamento medico del megacolon.
Colonna portante di questa prima fase è poi l'alimentazione. Infatti ricordiamo che l'uso di fibra nella dieta rende più morbide le feci e ne determina un certo aumento di volume, che potrebbe essere utile nel trattamento del megacolon. Attenzione però ad un esagerato tenore di fibra, perché potrebbe determinare un'eccessiva massa fecale, andando a complicare o aggravare la distensione del colon. Ecco perché in genere si consigliano diete facilmente digeribili e poco voluminose, con o senza integrazione di fibra (zucca in scatola, psyllium, crusca integrale, ecc.).
Tra gli interventi terapeutici secondari abbiamo infine sia l'uso di un agente osmotico (il Lattulosio) che richiamando acqua nell'intestino ammorbidisce le feci e può contribuire (soprattutto se associato alla Cisapride) a risolvere dal punto di vista medico un megacolon ostinato.
Laddove però il trattamento medico fallisse in più di 2 o 3 tentativi di seguito, bisognerà ricorrere alla chirurgia, che prevede la cosiddetta colectomia subtotale, ovvero l'asportazione del tratto intestinale interessato dall'abnorme dilatazione.
In merito alla prognosi diciamo che molti gatti possono presentare uno o due episodi di costipazione senza recidive, mentre altri possono sviluppare un'insufficienza completa del colon.
I gatti affetti da costipazione lieve o moderata rispondono in genere ad una terapia medica conservativa, quale ad esempio un diverso regime alimentare, lassativi emollienti o iperosmotici e agenti dotati di effetti procinetici sul colon. L'introduzione precoce di questi ultimi (associati ad uno o più agenti lassativi) può prevenire la progressione della costipazione semplice in costipazione ostinata e in megacolon dilatato.
Alcuni soggetti tuttavia possono divenire refrattari alla terapia medica e mano a mano che la patologia progredisce, richiedere come ultima ratio, l'esecuzione della colectomia. In tal caso la prognosi postoperatoria è generalmente favorevole, sebbene si possa osservare in alcuni casi l'insorgenza di tenesmo nei primi giorni e l'instaurarsi di una diarrea lieve o moderata, di durata variabile dalle 4 alle 6 settimane. Bisogna ricordare tuttavia la possibilità, anche se rara, di complicanze gravi per lo più riferibili a stenosi del tratto operato oppure a deiscenza dell'anastomosi e conseguente peritonite.

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