lunedì 23 marzo 2009

La Peritonite Infettiva Felina o FIP

La peritonite infettiva felina (FIP) è una malattia virale immunomediata a carattere progressivo che colpisce esclusivamente i felini e che, salvo rarissime eccezioni, risulta fatale nell'arco di qualche settimana.
L'agente eziologico è un RNA-virus appartenente alla famiglia dei Coronavirus enterici, ampiamente diffusi e moderatamente patogeni, di cui secondo molti autori costituirebbe una mutazione in vivo. Ovvero nell'apparato gastroenterico di alcuni gatti infetti avvengono mutazioni o ricombinazioni di ceppi di entero-coronavirus (FeCV) endemici, che acquisiscono la capacità di determinare la malattia.
Tale virus risulta relativamente instabile nell'ambiente esterno; ma può rimanere infettante sino a 7 settimane se protetto all'interno della materia organica essiccata o su superfici asciutte. Fortunatamente è sensibile alla maggior parte dei disinfettanti usati comunemente in medicina veterinaria. La trasmissione si realizza solitamente attraverso le secrezioni orali e nasali, ma richiede un contatto prolungato col gatto infetto. Mentre i coronavirus eliminati per via fecale sono altamente infettanti.
All'interno di una popolazione chiusa (quale potrebbe essere una colonia felina), l'incidenza dei gatti infetti è tipicamente variabile fra zero e 80-90%. L'infezione può rimanere silente per mesi o anni, dal momento che il virus può rimanere a lungo in fase di quiescenza. Il risultato finale è comunque influenzato dalla risposta immunitaria del gatto ospite. Si è visto infatti che la produzione di anticorpi specifici per il virus può promuovere la malattia, piuttosto che determinare l'immunità.
A tal proposito sembra che vi sia un'influenza genetica sulla sensibilità individuale nei riguardi della FIP. In particolare si è visto che certi gatti maschi possono trasmettere questo carattere alla progenie. L'infezione enterica in genere comporta solo modesti sintomi gastroenterici autolimitanti dati da vomito e diarrea mucoide; mentre quella sistemica provoca una sindrome clinica con la possibilità di evolvere in due forme distinte che, in alcuni soggetti, possono anche coesistere:
  1. la forma umida o essudativa, con lesioni piogranulomatose all'interno di uno o più organi e la formazione di un versamento essudativo altamente proteico nello spazio pleurico, in cavità peritoneale, nel pericardio o addirittura nello spazio subcapsulare renale, causato da una vasculite da immunocomplessi, è caratterizzata da una scarsa risposta immunitaria cellulo-mediata;
  2. la forma secca o non essudativa, che provoca le stesse lesioni organiche (piogranulomatose o granulomatose) soprattutto a carico del tessuto cerebrale, oculare, renale ed epatico; ma in assenza di versamenti cavitari, è caratterizzata da una risposta immunitaria cellulo-mediata parziale.
Gli organi più comunemente colpiti dalla FIP sono i reni, il fegato, i linfonodi viscerali, le anse intestinali, i polmoni, gli occhi e l'encefalo. I sintomi dunque sono dati dall'interessamento di uno o più di questi organi; ma in tutti i casi si registra perdita di peso, inappetenza e febbre refrattaria alla terapia antibiotica. Inoltre sono comuni ittero, petecchie e pallore delle mucose. Infine, nel caso dello sviluppo di versamenti addominali o pleurici, si osservano distensione addominale e/o dispnea, con respiro superficiale e rapido.
Un segno abbastanza caratteristico di questa patologia, quando presente, è la comparsa di emorragie retiniche. E sempre per quanto riguarda gli occhi, nella forma secca, si ha uveite anteriore e corioretinite. Mentre se le lesioni piogranulomatose interessano il Sistema Nervoso Centrale, si possono avere svariati segni neurologici che comprendono convulsioni, paresi posteriore e nistagmo.
Per quanto riguarda la diagnosi di questa malattia diciamo subito che si tratta, soprattutto per quanto riguarda la forma secca, di una delle malattie più difficili da diagnosticare nell'animale in vita, anche da parte di clinici esperti. Essa va inclusa nell'elenco delle possibili diagnosi differenziali ogni volta che un gatto presenta un quadro cronico di perdita di peso, scarso appetito e febbre. Nei gatti affetti da FIP si riscontrano diverse alterazioni emato-biochimiche, delle urine, del liquor e segni rintracciabili anche tramite la diagnostica per immagini (Rx ed ecografia); ma nessuna è patognomonica.
Per quanto riguarda le analisi del sangue, è abbastanza comune un'anemia normocromica normocitica e arigenerativa accompagnata da una leucocitosi neutrofilica e linfopenia.
In alcuni gatti si ha DIC (coagulazione intravasale disseminata), che determina una diminuzione delle piastrine circolanti (trombocitopenia).
Molto frequenti sono poi le gammopatie policlonali date dall'aumento delle alfa2 e gamma-globuline, mentre più rare sono quelle monoclonali.
Quando ad essere colpito è il fegato si ha iperbilirubinemia con incremento variabile di ALT e ALP. Le alterazioni renali di più frequente riscontro invece sono iperazotemia e proteinuria.

Per quanto riguarda la diagnostica per immagini, si evidenziano, tramite Rx, i versamenti pleurici, pericardici e peritoneali; ma anche l'epatomegalia e la nefromegalia.
A volte l'aumento dei linfonodi meseraici appare sotto forma di una massa unica.

Nel caso di versamenti modesti si può ricorrere all'esame ecografico, che valuterà pure lo stato di pancreas, fegato, linfonodi e reni oltre ovviamente all'eventuale presenza di un versamento pericardico.
I versamenti prelevati dai soggetti con FIP sono di un colore variabile dal trasparente al paglierino, possono contenere frustuli di fibrina e coagulare se esposti all'aria, hanno un p.sp superiore a 1.018 e normalmente sono sterili, con prevalenza di cellule infiammatorie miste (linfociti, macrofagi e neutrofili).
In genere si ricorre all'elettroforesi del liquido di versamento, il cui contenuto in gamma-globuline (maggiore del 32%) può essere discriminante per la diagnosi di FIP, specie se associato ad un rapporto albumine/globuline inferiore allo 0,81.
Purtroppo non esistono test diagnostici specifici affidabili al 100%, in quanto anche la ricerca di anticorpi serici è di utilità limitata, poiché un avvenuto contatto con qualsiasi coronavirus produrrà sempre reattività crociata e pertanto titolo anticorpale positivo per FIP, senza essere diagnostico, né prognostico, in quanto non protegge dalla malattia e non dà informazioni circa la possibilità che il soggetto possa svilupparla.
Inoltre i gatti affetti da FIP a volte sono sieronegativi in seguito a una forma rapidamente progressiva della malattia, con insufficiente produzione di anticorpi, scomparsa degli stessi nelle fasi terminali o per formazione di immunocomplessi.
La diagnosi in vita dunque non può che essere presuntiva, e si basa sulla combinazione dei rilievi clinici e clinico-patologici.

Una recente possibilità, sebbene ancora non alla portata di tutti i laboratori, consiste nell'utilizzo della RT-PCR per l'individuazione dell'RNA virale dai versamenti, dalle feci o da campioni di tessuti degli organi colpiti (prelevati tramite biopsia).
Ma purtroppo il comportamento stesso della patologia non consente quasi mai diagnosi di certezza, in quanto prevede sia guarigioni spontanee che forme fulminanti o asintomatiche, peggiorando anche la confusione relativa alle risposte terapeutiche, che in ogni caso mirano ad essere palliative, con la correzione degli squilibri idro-elettrolitici, la prevenzione delle complicanze batteriche e una blanda terapia immunomodulatrice/antinfiammatoria unita all'uso di farmaci antivirali (interferone, anfotericina B, ecc.) ancora sperimentali in medicina veterinaria.
In genere la prognosi per i gatti con FIP è purtroppo infausta.
Tuttavia, i soggetti sieropositivi non vanno sottoposti, solo per questo, ad eutanasia, perché molti di essi non sviluppano mai la malattia.

Infine va ricordato che, anche se in Italia non si trova, esiste un vaccino intranasale a virus vivo attenuato, la cui efficacia è però solo del 70%, e pertanto se ne consiglia l'uso soltanto in situazioni di comprovata esposizione all'infezione.

Ricordiamo anche che questa malattia si sviluppa con maggior frequenza e facilità in soggetti FIV e/o FeLV positivi, il che sta ulteriormente a dimostrare quanto importanti siano i deficit immunitari alla base della severità dei sintomi. Per chi fosse interessato ad approfondire ulteriormente l'argomento consiglio il sito della Dr.ssa Diane Addie, prof.ssa di Clinica Veterinaria presso l'Università di Glasgow (U.K.), disponibile anche in italiano.

2 commenti:

Unknown ha detto...

Ho scoperto da una settimana questo blog...e ogni sera cerco di leggere + possibile tutti gli interventi...l'ho trovato molto interessante....sopratutto per me ke sono solo al primo anno di veterinaria...grazie! Mi chiedevo se potevo aggiungere il suo contatto ad msn....arrivederci...buona giornata!

AntoVet66 ha detto...

Ti ringrazio Claudia e mi fa piacere che tu abbia trovato qui qualcosa di utile ed interessante: so bene quanto l'università possa a volte essere davvero troppo lontana dalla realtà professionale...
Per il resto ti rispondo in privato!